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“Purgatorio”, Ruperti in aula: “Nessuna indagine delegata da Catanzaro a Vibo è rimasta inevasa”

Deposizione dell’ex capo della Squadra Mobile che chiarisce anche la natura delle note dello Sco. Ed a fine udienza saluta con una stretta di mano il suo successore Maurizio Lento, odierno imputato

“Purgatorio”, Ruperti in aula: “Nessuna indagine delegata da Catanzaro a Vibo è rimasta inevasa”

Si è conclusa oggi dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto da Alberto Filardo, con a latere i giudici Graziamaria Monaco e Raffaella Sorrentino, la deposizione dell’ex capo della Squadra Mobile di Catanzaro, e già in servizio a Vibo Valentia, Rodolfo Ruperti. Attualmente alla guida della Squadra Mobile di Palermo, il teste ha risposto alle domande delle difese nel processo “Purgatorio” che vede imputati gli ex vertici della Squadra Mobile, Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò, e l’avvocato Antonio Galati, i primi due accusati concorso esterno in associazione mafiosa, il terzo di associazione mafiosa.

Dopo l’esame del pubblico ministero Annamaria Frustaci che si è svolto nell’udienza del 7 agosto scorso, è toccato all’avvocato Guido Contestabile, difensore di Antonio Galati, e poi all’avvocato Maurizio Nucci, difensore di Maurizio Lento, rivolgere domande al teste in relazione alla vicenda delle false dichiarazioni rese da Salvatore Mancuso, 45 anni, di Limbadi, in ordine ai suoi precedenti penali in occasione del rinnovo del passaporto in Questura a Vibo. Dalle risposte di Ruperti è emerso che “dell’istanza di passaporto per Mancuso si erano già interessati i carabinieri di Limbadi nel 2009”. Carabinieri che non avevano però denunciato lo stesso Mancuso per false dichiarazioni.

Il gruppo di lavoro voluto dalla Dda. Le domande dell’avvocato Nucci a Rodolfo Ruperti hanno quindi permesso di confermare che l’1 febbraio del 2011, nel corso di una riunione a Catanzaro voluta dalla Dda, era nata l’idea di formare un gruppo di lavoro fra i vari investigatori per indagare sulla ‘ndrangheta vibonese. In tale gruppo di lavoro avrebbe dovuto partecipare anche l’ispettore della Squadra Mobile di Vibo Valentia, Antonio Condoleo, ma Ruperti ha affermato in aula che alla fine il poliziotto (“memoria storica” delle indagini sulla criminalità organizzata vibonese e che con Ruperti aveva già condotto nel 2002-2003 l’operazione “Dinasty” contro i Mancuso) non è mai arrivato a Catanzaro per lavorare con i colleghi della Squadra Mobile distrettuale. “Ma lei, dottore Ruperti, era a conoscenza che in quel periodo in cui richiedeva la presenza a Catanzaro di Condoleo nel nuovo gruppo di lavoro, lo stesso ispettore faceva già parte di altro gruppo di lavoro con apposito provvedimento del questore per indagare sulla criminalità della zona delle Serre?”. Questa la risposta di Ruperti alla domanda dell’avvocato Nucci: “Io non so se l’ispettore veniva già a Catanzaro per il lavoro sulle Serre vibonesi, io non l’ho mai visto”.

Il teste, rispondendo poi ad altre domande dell’avvocato Nucci ha chiarito di non essere stato informato in ordine al fatto che nel medesimo periodo in cui aveva richiesto l’applicazione di Condoleo nel nuovo gruppo di lavoro, l’ispettore era impegnato a presentare alla Dda di Catanzaro l’informativa denominata “Peter Pan”, poi sfociata nel dicembre del 2012 in una serie di arresti contro il clan La Rosa di Tropea. Lo stesso Rodolfo Ruperti ha inoltre aggiunto di non aver mai fatto alcuna lettera al questore o inviato altra richiesta scritta per la formazione di gruppi di lavoro in quanto “non funziona così ed i gruppi di lavoro nascono spontaneamente confrontando le rispettive indagini fra investigatori”. Ha inoltre aggiunto di non aver mai espresso per iscritto alcun motivo di dissenso rispetto alla mancata partecipazione di Condoleo al nuovo gruppo di lavoro in quanto non rientrante nel proprio costume tale modo di agire.

Nessuna attività inevasa dalla Mobile di Vibo. Altro tema centrale della deposizione di Rodolfo Ruperti è stato quello dell’attività investigativa successiva alla riunione del’1 febbraio 2011 a Catanzaro. C’è mai stata qualche attività investigativa – ha chiesto l’avvocato Nucci – rimasta inevasa e delegata dalla Squadra Mobile di Catanzaro a quella di Vibo Valentia ed in particolare dal 2 febbraio 2011 al 25 settembre 2011”? Secca la risposta del teste Ruperti: “Di inevaso credo di no, non mi ricordo, non credo”. E’ questo il passaggio più significativo dell’intera udienza in quanto è emerso in aula che il 26 settembre 2011 l’allora capo della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, aveva ordinato alla Squadra Mobile di Catanzaro, guidata all’epoca da Rodolfo Ruperti, di non rapportarsi più con quella di Vibo Valentia diretta da Maurizio Lento e dal suo vice Emanuele Rodonò. I carabinieri del Ros di Catanzaro, coordinati dalla Procura distrettuale, avevano infatti già iniziato l’inchiesta “Purgatorio” che porterà poi in carcere nel febbraio 2014 proprio gli ex vertici della Mobile di Vibo e l’avvocato Antonio Galati. E’ stato il procuratore Borrelli – ha spiegato in aula Ruperti – a dirmi che lo Sco aveva segnalato qualcosa di strano sulla Squadra Mobile di Vibo. Personalmente all’epoca posso solo dire di aver percepito un senso di sfiducia nell’operato della Squadra Mobile di Vibo”.

Le denunce dei coniugi Grasso e Franzè di Briatico. Rispondendo ad altre domande del difensore di Lento, il teste Ruperti ha spiegato di aver presentato nel 2007 due informative all’allora pm Marisa Manzini e di aver segnalato tale circostanza al suo successore Maurizio Lento. “Era un’indagine – ha affermato Ruperti – alla quale tenevo particolarmente e che riguardava una serie di false fatturazioni”. Un’indagine che Maurizio Lento ha poi proseguito con la Guardia di finanza ma di cui il teste ha affermato in aula di non aver più saputo nulla e di non essere a conoscenza di tale circostanza.

Le note dello Sco. E’ un altro punto centrale dell’accusa che sostiene come diverse note del Servizio Centrale operativo della polizia non abbiano avuto un seguito da parte della Squadra Mobile di Vibo guidata all’epoca da Maurizio Lento. Ma sia dalle domande della difesa e sia da quelle successive del presidente del Tribunale, Alberto Filardo, sono emersi alcuni punti fermi: non esiste alcuna norma o circolare in base alla quale la Squadra Mobile destinataria di una nota da parte dello Sco deve inoltrarla ad altra Squadra Mobile; le informazioni che manda lo Sco non sono notizie di reato, ma semplici spunti investigativi che spesso finiscono in nulla in quanto non trovano riscontro o la magistratura inquirente ritiene non vi siano elementi per andare avanti.

“In base a cosa il dottore Lento – ha così chiesto l’avvocato Nucci a Ruperti – avrebbe dovuto comunicarle alla Squadra Mobile di Catanzaro essendo notizie riservate ed avendo lo Sco scelto di inoltrarle solo a Vibo quando avrebbe potuto lo stesso Servizio Centrale della Polizia inviarle pure alla Mobile di Catanzaro”? Questa la risposta di Rodolfo Ruperti: “Non c’erano degli obblighi scritti al riguardo, ma secondo me andavano trasmesse da Vibo a Catanzaro per via di una prassi consolidata”.

Quindi la domanda finale del presidente del Collegio:In base a quale elemento, a quale notizia criminis è iniziata l’attività di indagine sui Mancuso” poi sfociata nelle inchieste “Black Money” e “Purgatorio”? Lapidaria la risposta di Rodolfo Ruperti: “Non lo so, io all’epoca dirigevo al Squadra Mobile di Caserta, sono arrivato successivamente a Catanzaro e come polizia di Catanzaro ci siamo inseriti solo dopo in questa indagine già avviata”.

Terminata la deposizione, Rodolfo Ruperti nel guadagnare l’uscita dall’aula si è avvicinato al dottore Maurizio Lento salutandolo con un “Ciao” ed una stretta di mano.

Ultima “scena” di un’udienza che ha fatto registrare l’ennesimo rigetto da parte del Tribunale rispetto alle integrazioni probatorie chieste dal pm Annamaria Frustaci e sulle quali i giudici avevano già deciso in analogo senso nelle scorse udienze. Non verranno così sentiti in aula l’ex presidente del Tribunale di Vibo, Roberto Lucisano, né l’ex giudice del Tribunale di Vibo Alessandro Piscitelli. Non verranno risentiti neanche il colonnello del Ros Giovanni Sozzo, all’epoca alla guida del Ros di Catanzaro con il grado di “maggiore” ed autore dell’informativa denominata “Purgatorio”, e neppure l’investigatore del Ros Salvatore Coluccia. Nessuna trascrizione di nuove intercettazioni che facevano parte del processo “Black money”, concluso a febbraio con l’assoluzione degli imputati dal reato associativo e con altro Collegio del Tribunale di Vibo che ha definito in sentenza l’indagine carente e con un enorme “vuoto probatorio” non colmato. Tali elementi, peraltro, come già evidenziato dal Tribunale nei precedenti rigetti, erano “già a disposizione del pm al momento dell’instaurazione del processo Purgatorio, cronologicamente successivo all’avvio del processo Black money. Non verranno ascoltati in aula neanche i collaboratori di giustizia Loredana Patania, Daniele Bono, Vasvi Beluli ed Arben Ibrahimi.

Per il Tribunale l’escussione dei testi chiesti anche oggi dal pm non è necessaria ai fini della decisione.

Prossima udienza il 5 ottobre per l’esame del perito Francesco Baldo che ha curato la trascrizione delle intercettazioni.

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