venerdì,Aprile 19 2024

Decesso di don Schinella: il ricordo dell’editore Demetrio Guzzardi

Il sacerdote e teologo scomparso oggi ad Arena in seguito ad un incidente stradale. Ha scritto e pubblicato numerosi libri e volumi

Decesso di don Schinella: il ricordo dell’editore Demetrio Guzzardi

«Come amico, fratello, discepolo, piango la prematura scomparsa di don Ignazio Schinella, proprio oggi in cui la Chiesa cattolica commemora i defunti. La notizia giunta nella prima mattinata parla di un incidente d’auto nel suo paese natale, dove era giunto per una visita ai suoi parenti defunti. Con mons. Schinella va via un grande teologo che con i suoi scritti ha cantato e lodato Gesù, Signore della sua vita.

Il suo ministero presbiterale era caratterizzato dall’amore verso la bellezza intesa come arte, poesia, letteratura; educatore nei luoghi deputati alla formazione dei futuri sacerdoti, amava il mondo popolare e più volte nei suoi testi faceva riferimento alla modalità del cattolicesimo popolare. Sempre attento, amava scrivere ed era un grande comunicatore, con la sua parola fluente, ma soprattutto con la sua grande umanità ed amicizia.

Con la casa editrice Progetto 2000 ha pubblicato oltre 20 titoli, ma erano in corso di preparazione altri volumi e ristampe; più volte aveva posto la sua firma a presentazioni o post fazioni. Una produzione enorme, con una scrittura fluente ed accattivante».

Così ha inteso ricordare l’editore Demetrio Guzzardi il suo amico di sempre mons. Ignazio Schinella.

Nella sua opera “Terra margia” stampata nel 1983, in una sua poesia così scrisse: «Sono nato senza spazio né tempo al mio cammino / la morte che mi sento nel cuore / ogni giorno vicina / conosciuta precoce / bambino quando andavo al lutto / per gioco sulle scale di legno / sarà un bivacco per una notte di luna / a riposare gli occhi / le tempie annerite / dalla fatica del sole./ Come faggio di bosco / leverò al cielo i rami nodosi del cuore / per non morire d’infarto precoce. / La fatica della strada sassosa / impolverata / rinnoverà le vene / lignificate nel tempo. / Sono nato senza spazio né tempo al mio cammino / ho desiderato nell’intimo la morte / scogliera dove approdare a riva. / Tuffarmi nell’orizzonte morto della notte. / Tutto mi è estraneo / anche me stesso / nel mio nocciolo d’uomo».

E nella presentazione del catalogo della mostra sui santini calabresi così scrisse: «Un adagio spagnolo così riassume la parabola esistenziale-spirituale dei credenti “Campane del mio campanile, avete cantato quando nacqui, piangete quando morrò”. Dalla nascita battesimale alla nascita alla vita eterna, nell’evento della morte, l’uomo è accompagnato dalla madre Chiesa del proprio piccolo o grande borgo, con un pathos umano».

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