martedì,Aprile 23 2024

Ex Villa Cordopatri a Vibo, oltre quarant’anni di vergogna

Immobilismo totale da parte della politica, della burocrazia e della stragrande maggioranza dei cittadini per l’area degradata di piazza San Leoluca che accoglie chi arriva in città

Ex Villa Cordopatri a Vibo, oltre quarant’anni di vergogna

Supera i quarant’anni la vergogna che accoglie a Vibo Valentia visitatori e forestieri. A due passi dal Duomo della città ed in pieno centro storico. La dimostrazione lampante dell’inerzia di una classe politica locale che in agenda ha avuto negli anni ben altro sino a far sparire del tutto la vergogna persino dagli argomenti della campagna elettorale. Zero riferimenti all’eliminazione di tale sconcio, infatti, nei mandati degli ultimi quattro sindaci della città, quasi che il problema non ci sia. Stiamo parlando di quel che resta di “Villa Cordopatri”, monumento al degrado in piazza San Leoluca all’incrocio fra via Alcide De Gasperi e via Murat. In quella che è la piazza principale di Vibo Valentia per chi arriva dall’autostrada – e di certo la più antica fra le piazze, se si esclude la ben più piccola e nascosta piazza Terranova –, all’ignaro visitatore tocca imbattersi in un antico fabbricato con annesso giardino privato ormai ricoperto da rovi, spine, erbacce e spazzatura, habitat ideale per gatti randagi, topi e serpi. Un vero e proprio scempio ambientale a due passi da quella che si ritiene essere l’area dove sorgeva l’antico tempio della ninfa Scrimbia, a due passi pure dalla villa comunale, da corso Umberto I e dal monumento a Luigi Razza. [Continua dopo la pubblicità]

Di anni ne sono passati oltre quaranta. Ma la vergogna è ancora lì, immutabile nel tempo così come l’inerzia di una classe politica e di una popolazione abituata ormai da decenni a voltarsi dall’altra parte.

Un po’ di storia. Era il 1974 quandogli eredi dell’antica e nobile famiglia Cordopatri ottenevano dal sindaco dell’epoca una licenza edilizia per innalzare un palazzo di cinque piani. Ottenuta la licenza, però, gli eredi Cordopatri hanno venduto l’intera proprietà ad una ditta della provincia di Reggio Calabria che aveva iniziato i lavori. Neanche il tempo di realizzare i primi pilastri in cemento armato ed arrivò però il primo stop alle opere. La Sovrintendenza alle Belli Arti bloccò infatti tutto intimando l’immediato trasferimento del costruendo edificio.

Lavori sospesi ed inizio del degrado. La ditta reggina presentò a questo punto all’amministrazione comunale dell’epoca un nuovo progetto che contemplava una soluzione di ripiego: niente più palazzo a cinque piani, ma realizzazione di alcuni edifici in deroga. Dal Comune – che già a quel non brillava per tempismo – non arrivò nessuna risposta. Sono gli anni di quello passato alla storia come il “Sacco di Vibo”, una delle più grandi speculazioni edilizie che si ricordano, con tutti i terreni sopra l’attuale via Alcide De Gasperi ceduti a prezzo irrisorio dalla Chiesa locale ad un gruppo di costruttori (molti legati dalla comune appartenenza alla massoneria e, per puro caso, con ruoli chiave anche nella pubblica amministrazione).

Regole urbanistiche disattese, stravolte o piegate ai bisogni del “potente” di turno, in perenne regime di “deregulation” e con crisi politiche continue all’interno del Consiglio comunale. In questo “clima” la ditta reggina, non ottenendo risposte dal Comune, riprese i lavori sino ad un nuovo stop. Era questa volta un’ingiunzione a demolire tutte le opere realizzate in difformità dal progetto a fermare tutto. Lavori di nuovo bloccati e vergogna uscita indenne dall’intero decennio degli anni ’80. Solo nel 1990 l’Ufficio tecnico comunale provvide a redigere un Piano di recupero del centro storico che per i terreni dell’ex Villa Cordopatri prevedeva l’esproprio. Si arriva così al 1996 quando scade pure il vincolo di esproprio sull’intera area e tutto ricade nel dimenticatoio. Da allora la città ha eletto nuovi deputati, sindaci, senatori, consiglieri comunali, provinciale, regionali ed amministratori a “palazzo Luigi Razza”, ma la vergogna è ancora lì: immutabile nel tempo e ricoperta di rovi e spine nonostante in città manchino aree di sosta e piazza San Leoluca sia stata ritrasformata quasi totalmente in un orrendo parcheggio. Anche questa, purtroppo, è Vibo Valentia.

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