Amianto, il killer silenzioso che nel Vibonese ci circonda e uccide lentamente ovunque andiamo
La lettera di un nostro lettore che denuncia l’indifferenza delle istituzioni e l’elusione delle norme che obbligherebbero a una radicale campagna di bonifica. Un grido d’allarme pensando ai numerosi paesi dove l’eternit ancora riempe lo sguardo e avvelena i polmoni
Vibonese ancora attanagliato dalla morsa dell’amianto. Nonostante ci siano apposite leggi preposte allo smaltimento di questo materiale, ancora oggi su tutto il territorio provinciale la presenza di eternit è massiccia, con conseguente aumento della lista di morti e lutti causati dalle patologie ad esso strettamente correlate. Al riguardo giunge l’accorata e dettagliata lettera di denuncia di un nostro lettore. Un vero e proprio grido d’allarme, il suo, che fa riflettere e che si spera riesca finalmente a smuovere le coscienze di chi di dovere. Ecco il testo intergale della missiva:
di Nicola Currà
Immaginate la scena. Nel vostro paese c’è la festa patronale e voi siete insieme alla vostra famiglia sorridenti, in strada, per partecipare alla processione, al concerto e per fare una bella passeggiata fra le bancarelle, magari gustando un gelato; tenete la mano dei vostri figli. Voi non lo sapete, ma state rischiando uno delle forme più aggressive di cancro. Uno di quelli che non lascia scampo. Camminando, ad esempio, per le vie di Mileto e San Costantino Calabro, lo sguardo si posa inevitabilmente sui tetti grigi, sbiaditi, logorati dal tempo. Sono ovunque. È cemento-amianto, l’eternit: un materiale letale, nel secolo scorso usato dappertutto ma ora bandito per legge dal 1992, ancora tragicamente presente nel Vibonese. Coperture scolorite, crepate, friabili: basta il vento, basta un temporale, e milioni di fibre invisibili si staccano, si disperdono nell’aria. L’amianto non si disintegra con gli eventi naturali, ma rimane nell’aria e nel terreno per decenni (da qui il nome Eternit dell’azienda che lo produceva e che voleva sottolineare la resistenza del materiale considerato eterno). Esse vengono respirate. Entrano nei polmoni. Uccidono. È questo il destino che si vuole per i nostri figli? Quanti bambini oggi giocano sotto tetti fatiscenti di amianto e ne respirano le sue mortali spore? Non è allarmismo. È scienza, legge e coscienza. Chi vive vicino a una copertura in eternit rischia ogni giorno. L’inalazione delle fibre può causare asbestosi, mesotelioma pleurico e tumori polmonari. Malattie devastanti, spesso incurabili, con lunghi tempi di latenza: può bastare un’esposizione anche breve per ammalarsi vent’anni dopo. E qui intere strade mostrano abitazioni con tetti in amianto deteriorato, senza alcuna protezione, senza alcuna segnalazione di rischio. Il paradosso? Tutti sanno. Nessuno agisce. La legge italiana è chiarissima: Il D.M. 06/09/1994 stabilisce i criteri per la valutazione dello stato di conservazione dell’amianto; la Legge 257/1992 ne vieta l’uso e impone la rimozione ove ci sia rischio per la salute; il Piano nazionale Amianto prevede censimento, monitoraggio, bonifica. E in Calabria? La Regione ha adottato linee guida, ma non ha mai avviato un censimento obbligatorio. I piani comunali di bonifica sono fermi o inesistenti, mentre i cittadini continuano a vivere tra tetti tossici e muri avvelenati. Ogni giorno che passa è un crimine per omissione. L’amianto non si vede, non ha odore, non fa rumore. Ma sta uccidendo lentamente. Lo raccontano le storie delle tante vittime calabresi, lo confermano le statistiche sanitarie, lo urlano i dati Ispra e Inail. Eppure, il silenzio istituzionale continua. Chi deve bonificare? Chi paga? Quando? Perché le case con amianto non sono state ancora segnalate né monitorate? Perché la Regione non ha avviato un piano d’emergenza per i centri ad altissima densità? È arrivato il momento di pretendere una mappa pubblica delle coperture in amianto, di chiedere bonifiche a carico della Regione, di denunciare ogni caso di esposizione pubblica, di non tollerare più il ricatto economico che impedisce alle famiglie di mettersi in sicurezza. Ogni tetto in eternit non bonificato è una condanna a morte sospesa per sé stessi, i propri cari, i propri vicini e i propri concittadini. Ogni ritardo, ogni rinvio, è un atto di complicità. Serve una mobilitazione civile. Serve che i cittadini alzino la voce, denuncino, pretendano. Serve che i sindaci si assumano la responsabilità morale e politica di difendere la salute pubblica. Serve che la Regione Calabria smetta di ignorare la più grande minaccia ambientale del territorio. Perché il tempo è finito. L’amianto non aspetta, ma se la scelta rimane quella di fregarsene per risparmiare vile denaro, non facciamo finta di meravigliarci quando vediamo ragazzi e ragazze andarsene prima di aver compiuto neanche 40 anni, perché l’assassino lo conosciamo tutti.
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