giovedì,Marzo 28 2024

Calabria: cittadini a casa per il coronavirus, cacciatori liberi invece di spostarsi

La condanna del Wwf per l’ordinanza di Nino Spirlì che riapre la caccia in piena pandemia e raccoglie al momento il plauso del solo consigliere regionale Luigi Tassone. Il contrasto con il Dpcm del 3 dicembre che vieta gli spostamenti da un comune all’altro e il rischio di assembramenti nella caccia al cinghiale

Calabria: cittadini a casa per il coronavirus, cacciatori liberi invece di spostarsi

“Quando si dice che al peggio non c’è mai fine, basta pensare alla Calabria: in piena emergenza pandemica, con il Governo centrale che mantiene la regione in “zona arancione” a causa di una situazione sanitaria disastrosa e con la stessa Giunta ormai agli sgoccioli che dichiara alcuni comuni in zona rossa per l’alto numero dei casi positivi accertati, qual è la preoccupazione dei politici, dal Pollino alle rive dello Stretto? Riaprire la caccia!
Con un’ordinanza a firma del presidente F.F. Spirlì, in contrasto con il Dpcm del 3 dicembre che vieta gli spostamenti da un comune all’altro dei cittadini delle regioni “arancioni”, se non per comprovati motivi di lavoro, di salute o per necessità da autocertificare, ai cacciatori verrebbe invece permesso di cacciare, e quindi di spostarsi, all’interno della loro “residenza venatoria”, corrispondente, per chi non lo sapesse, al territorio coincidente con gli Ambiti Territoriali di Caccia (Atc), vale a dire nei comuni di mezza provincia! Del tutto strumentale e inconsistente appare la giustificazione del provvedimento che di fatto decreta una chiara e inaccettabile discriminazione tra i cittadini, vale a dire lo stato di necessità per conseguire l’equilibrio faunistico-venatorio, limitare i danni e il potenziale pericolo per l’incolumità pubblica”. E’ quanto denunciano le organizzazioni aggregate del Wwf Calabria.

Non ci risulta che per essere “equilibrati” le beccacce, i tordi o le allodole abbiano bisogno di essere presi a fucilate, né riteniamo che una braccata al cinghiale con decine di armati non rappresenti un potenziale pericolo per l’incolumità. Non è chiaro neanche come questo tipo di attività venatoria, che presuppone l’assembramento dei partecipanti alla battuta, possa essere svolta “in forma individuale e nel rispetto del distanziamento sociale” per come, in maniera a dir poco contraddittoria, prevede l’ordinanza, con il rischio pertanto di una diffusione del virus. Senza dimenticare il grave problema del bracconaggio favorito dalla pressoché totale mancanza di controllo nel settore venatorio, anche a causa dell’assenza di una convenzione per l’attribuzione di funzioni di vigilanza ai corpi di polizia provinciale e dell’impiego delle forze dell’ordine in altri compiti legati all’emergenza pandemica. Il Wwf chiede alla Regione Calabria che le norme per il contenimento del virus siano rispettate dal tutti, senza favoritismi di sorta legati ad interessi che nulla hanno a che vedere con la tutela della salute dei calabresi”. [Continua dopo la pubblicità]

Luigi Tassone
Il consigliere regionale Luigi Tassone (Pd)

Di diverso avviso, invece, il consigliere regionale del Pd, Luigi Tassone secondo ilo quale quello di Spirlì era un “provvedimento non rinviabile” e che accoglie accolte le sue proposte. A seguito di quanto ho chiesto pubblicamente, il presidente facente funzioni della Regione Calabria Nino Spirlì ha emesso un’ordinanza per consentire lo svolgimento dell’attività venatoria rilevando la necessità di conseguire l’equilibrio faunistico-venatorio e di limitare i danni alle colture e riconoscendo il potenziale pericolo per l’incolumità pubblica. Evidentemente – sostiene Tassone – è stato preso atto che esistevano quei rischi che avevo evidenziato e che non era possibile aspettare ancora. L’emergenza cinghiali – aggiunge il consigliere regionale di Serra San Bruno – è un fenomeno con cui, da tempo, si deve fare i conti e sospendere la caccia, impedendo di fatto la concretizzazione dei Piani di selezione, significava aggravare la proliferazione incontrollata di ungulati. L’attività venatoria – conclude Tassone – può rappresentare un argine alla crescita esponenziale del numero dei cinghiali e può consentire di evitare quei danni che hanno messo in ginocchio alcuni agricoltori e di limitare i pericoli per i cittadini residenti nelle zone più esposte”.

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