lunedì,Dicembre 2 2024

Chiusura guardie mediche, Ceravolo si unisce al coro di protesta

L’intervento del presidente dell’associazione Corrado Alvaro mette in evidenza le tante criticità del sistema sanitario provinciale.

Chiusura guardie mediche, Ceravolo si unisce al coro di protesta

Criticità che vanno messe in risalto. Carenze sulle quali non è più possibile tacere. A soffrirne il territorio vibonese, da anni soggetto a tagli nei servizi di pubblica utilità che ne hanno fatto ormai una terra desolata. L’ambito in questione è la sanità, in particolare il piano di razionalizzazione che interessa la continuità assistenziale, e la dura presa di posizione arriva dal presidente dell’associazione Corrado Alvaro, Giuseppe Ceravolo, il quale sostiene che è ormai giunto il momento di smetterla di «fare economia in nome e per conto della “spending review” quando, qui da noi, mancano anche i minimi servizi essenziali e si è costretti a continui “viaggi della speranza” per potersi curare».

Ceravolo porta una sua testimonianza diretta, in base alla quale può affermare che «se non ci  fossero persone e associazioni che fanno volontariato (e tra questi gli organi ecclesiali)» sarebbe stato costretto, anche lui, «a fare un altro “viaggio della speranza”, forse di sola andata». Questo anche perché «molte famiglie, di fronte alla malattia, sono lasciate in piena solitudine e disperazione con elevati costi da sostenere per curarsi fuori regione».

Alla luce di ciò, per Ceravolo, «non si può accettare di subire oltre. Non possiamo accettare la chiusura delle postazioni delle guardie mediche (si paventano 16 soppressioni) ma dobbiamo necessariamente alzare la voce. Quando poi vediamo e leggiamo che fine sta facendo la sanità calabrese – aggiunge -, dopo quello che paghiamo in termini di tasse, per poi essere rinviati di mesi per una visita specialistica o una Tac, allora non si può più restare indifferenti». Ecco perché, infine, si chiede «di rivedere questa decisione anche alla luce dei molti risparmi che si potrebbero ottenere in altre tipologie di servizi ma certamente non in quelli ospedalieri».

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