venerdì,Aprile 19 2024

«Non c’è la scuola di centrodestra o di centrosinistra: c’è la scuola italiana»

Il dirigente Alberto Capria: «Dopo quelle targate Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Giannini, pronti per l’ennesima svolta epocale»

«Non c’è la scuola di centrodestra o di centrosinistra: c’è la scuola italiana»

Dal dirigente scolastico del 3° circolo “De Amicis” Alberto Capria riceviamo e pubblichiamo [Continua in basso]

“La scuola è malata; la sua malattia pervade la società; senza una adeguata scuola un paese è destinato al declino, poi al disastro; l’istruzione è la linfa vitale di una nazione”. Dalla fine degli anni 90’ sentiamo ripetere – ad libitum – le locuzioni citate. In tempo di pandemia – nel quale ancora ci si trova, con buona pace di improvvisati saccenti – d’improvviso la scuola è argomento di agorà quotidiana. Per affrontare i problemi strutturali che la affliggono? No, giammai: per discutere di dad, did, pnsd, avanguardie educative, tablet, obbligatorietà o facoltatività dei vaccini (ed il fatto che si debba ricorrere all’obbligo dopo oltre 4 milioni di decessi nel mondo e più di 129mila in Italia ad oggi, la dice lunga). Una riflessione pedagogica sulla scuola? Neanche a pensarci. Come e che cosa dare ai nostri allievi per metterli nelle condizioni di costruire il loro domani, passa inesorabilmente in secondo piano; i problemi son sempre lì: irrisolti, non irrisolvibili.

Così di recente il ministro Bianchi: c’è bisogno di una riforma della scuola. Eddai, ho pensato: ci risiamo! Dopo quelle targate Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Giannini, pronti per l’ennesima svolta epocale che, come il facite ammuina di borboniana memoria, lascerà tutto esattamente com’è! [Continua in basso]

Altri fondi sono stati stanziati, altri slogan utili per conferenze stampa o acefale dirette social sono stati coniati: gli annunci imperano, lasciando vecchie questioni a tempi sempre uguali.  Confesso che quando il problema delle classi numerose (impegniamoci a non associare il termine “pollaio” ai nostri allievi ed alle nostre classi) arrivò in parlamento – addirittura con interventi falsamente appassionati di chi fu artefice dell’aumento dei parametri alunni/docente – ho sperato che finalmente si stesse per affrontare con serietà il problema più cogente dalla scuola; vana illusione.  L’attenzione al numero di alunni per classe del periodo ottobre/febbraio scomparve nel mese di marzo, quello strategico per la determinazione del c.d. “organico di diritto”.

C’era l’occasione – ma evidentemente assente la volontà – per cambiare nel profondo il mondo della scuola: classi con non più di 15 allievi.  È solo così che si può garantire un’azione didattica degna di questo nome, consentendo di valorizzare le potenzialità avviandole verso approfondimenti e potenziamenti, ed affrontando eventuali difficoltà per tempo con azioni di recupero mirate.  Meglio sarebbe superare il concetto di classe, evitando finalmente ai ragazzi ore ed ore sui banchi (mono/biposto, con rotelle, eliche o pattini) per favorire didattica laboratoriale e percorsi individualizzati, realizzabili dando respiro all’autonomia scolastica e con classi non numerose.  Quantità eccessiva di alunni per classe e qualità della didattica, sono strade che confliggono. [Continua in basso]

Quattro punti da considerare con tempi opportunamente distesi, superando miopi logiche di legislatura e stantie primogeniture:  edilizia scolastica intesa soprattutto come creazione di nuovi ambienti di apprendimento; diverse modalità di selezione e reclutamento dei docenti (che decideranno nel corso del loro percorso universitario se scegliere questa professione) e dei dirigenti scolastici; seria, costante e continua formazione in ingresso ed in servizio di tutto il personale scolastico;  allievi per classe: 15 al massimo. C’è bisogno di una “riforma” per attuarli? Certo che no.  È urgente che, almeno nel “caso di specie”, si superi l’illogica contrapposizione politica, perché non c’è la scuola di centrodestra o di centrosinistra, sovranista, movimentista, populista o popolare: c’è la scuola italiana, orgogliosamente pubblica e libera, che ha bisogno di serietà e competenza: non di… svolte epocali.

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