mercoledì,Aprile 24 2024

«Alla farmacia territoriale dell’Asp di Vibo attese infinite per malati gravi»

La lettera di un giovane che suo malgrado deve usufruire del centro: «Perché non attivare delle succursali nei presidi ospedalieri della stessa Asp di distribuzione dei farmaci?»

«Alla farmacia territoriale dell’Asp di Vibo attese infinite per malati gravi»

Lo strano caso della farmacia che scoppia. Proprio così, quanto vi voglio narrare è una storia puramente reale dove luoghi, fatti e personaggi corrispondono tutti a realtà e neanche un briciolo di racconto avrà del romanzato, se non il titolo che mai mi è sembrato più azzeccato.

Sono Andrea, un trentasettenne tropeano, “malato” cronico, affetto da una di quelle malattie purtroppo considerate ancora di serie B, che però possono portare ad esiti fortemente invalidanti oltre ad avere, molte volte, gravissime ripercussioni sulla psiche dei soggetti che ne soffrono. Parlo delle malattie reumatiche e nello specifico di un enteso-spondiloartrite psoriasica reumatica.

Era il 2012 quando il Dottor Landolina, medico del reparto di Medicina del presidio ospedaliero di Tropea, donandomi una “seconda” vita, mi ha diagnosticato questa “seccatura” delle articolazioni e, di conseguenza, da allora, frequento in maniera assidua e con cadenza mensile la poco famosa ma molto frequentata Farmacia territoriale dell’Asp di Vibo Valentia.

Questa Farmacia si occupa dello smistamento e della consegna di farmaci e presidi medici chirurgici “particolari” che non riguardano solo le malattie sopra citate ma soprattutto le malattie oncologiche e di altro genere, tutte con una caratteristica comune: la gravità.

La struttura è situata nello scantinato del Palazzo Rosano (Ex Camera di Commercio) e ha un’affluenza media al giorno di circa 70 “poveri” avventori (naturalmente tutti malati o a nei casi limite famigliari di moribondi). Essa è dotata di:

– una bellissima sala d’aspetto con 8 comode sedie modello ufficio… riciclate da qualche ufficio più importante che ha cambiato look;

– spazi al coperto di circa 3 max 4 mq che d’inverno risultano molto comodi vista la mancanza di impianto di riscaldamento. Infatti, stare appiccicati in 15, 20 persone è un ottimo metodo per alzare la temperatura! In primavera/estate, si ovvia a tutto ciò con un ampio cortile ben areato che affaccia direttamente sulla sala macchine di tutta la struttura.

 Molto comoda, invece, è la viabilità che agevola l’accesso dei malati e degli invalidi reali, infatti troviamo una strada (arteria molto trafficata) a doppio senso di marcia, con un lato (il sinistro a salire) ricco di parcheggi a strisce blu sempre pieni e, dall’altro, una serie (giusta) di passi carrabili e portoni vari di edifici privati.

A coprire e scusare qualche sconveniente strutturale, la nostra spettacolare azienda sanitaria risponde con un servizio solerte e immediato: i tempi di attesa per ogni avventore sono di circa un paio di ore e non per inefficienza del personale ma molto probabilmente per il contrario e sapete perché? Perché a differenza della quasi totalità degli uffici di questa Asp, nella farmacia territoriale i lavoratori destinati all’utenza sono solo due: una dottoressa gentilissima, che deve fronteggiare alle numerose richieste e alle altrettante, ingiuste, proteste dei poveri disgraziati che hanno magari atteso diverse ore il loro turno; e un impiegato dal fisico asciutto e tonico che non potrebbe esser diversamente visti i chilometri che macina in tutta la mattinata e l’andirivieni costante da frigoriferi e mobiletti.

Ma non sono qui per descrivervi nulla ma semplicemente per narrarvi e portare alla conoscenza delle vostre coscienze una storia…

Sono le 6:30 del mattino. La signora Maria, dopo una notte passata insonne a causa dei suoi forti dolori e del senso di nausea, si appresta a lavarsi e vestirsi per recarsi alla farmacia territoriale di Vibo Valentia che dista circa 35 km (con le strade che abbiamo equivalgono a circa 45 minuti di macchina) dal suo paesino, deve ritirare il farmaco ormai indispensabile per la sua esistenza e come da protocollo lo può ritirare solo lei.

Alle ore 7:15 parte per il “viaggio” e dopo tre quarti d’ora di buche, curve e sali e scendi, alle ore 8:00 arriva nei pressi di Palazzo Rosano. Inizia il gioco del trova il parcheggio.

Ore 8:20, dopo due giri di isolato, uno di quartiere, tre strombettate e aver assistito a qualche lite tra genitori che accompagnano i figli a scuola e impiegati in ritardo, trova il posto auto rigorosamente sulle strisce blu;

ore 8:22 davanti al parcometro trova un avversità del gioco, parcometro rotto… cammina un poco e trova quello che funziona;

ore 8:24 “Quanto pago? Vabbè un’ora e più che sufficiente…”

ore 8:27 Eccoci davanti alla tanto agognata porta ma.. qualcosa non torna. Infatti dopo aver varcato il cancello nota la presenza di qualche persona con la borsa frigo in mano, superata la soglia della minuscola sala di aspetto ecco trovata la spiegazione: 8 sedie già occupate, più 3 persone in piedi che fanno un totale di 11 persone aggiunte alle 3 che passeggiano fuori. Siamo a 14 persone in tutto, signori! Parte la domanda che diventerà un  must da li a poco: “Chi è l’ultimo?”. Si alza la mano di un giovane che sembra quasi disincantato con il cellulare in una mano e la borsetta nell’altra, poggiato su un muretto. Il suo sguardo sembra stia guardando oltre la porta, oltre il palazzo e forse anche oltre i problemi che non riesce, e nemmeno si sforza, a celare nella sua espressione…

Ore 8:29 inizia l’attesa e, per cause di forza maggiore, la signora Maria si poggia, (sedere è una parola grossa), su un muretto appena fuori la porta. Le sedie  all’interno sono già occupate quasi tutte da persone che sembrano aver passato una notte peggio di lei, tranne una o forse due che sono più distratte che maleducate di fronte al malessere, ai solchi del suo volto e alle sue occhiaie.

Ore 9:00.  La porta che porta nei meandri degli uffici si apre e la voce energica, ma già stanca di un impiegato, dà l’avvio alle operazioni: avanti!

ore 9:14 un sussulto scuote i pensieri di Maria, una ragazza ben vestita e curata con un foulard colorato alla testa la sfiora e le dice: “Signora c’è una sedia libera per lei!”

ore 9:15 Maria si accomoda, quella vecchia sedia blu gli sembra il trono del Re Sole! Da questa posizione inizia a sentire le voci incrociate del signore che parla della cucina della moglie, della signora che discute con il vicino della campagna di olive, Peppe che si lamenta e sbuffa della situazione, il giovane che risponde ad una chiamata di lavoro e della tizia quasi coetanea che racconta i suoi dolori dal 1998 ad oggi…

ore 9:24 ne mancano ancora 8 ma un problema attanaglia Maria, il ticket del parcheggio è scaduto e gli uomini in pettorina sono impeccabili con questo tipo di scadenze… Trova il coraggio di bisbigliare: “Devo rinnovare il parchimetro!” Peppe che sembrava burbero e irascibile: “Signora non si preoccupi per la sedia, le tengo io il posto!”

ore 9:27 altra monetina: “Ma questa volta non mi frega pago 2 ore”

ore 9:28 si riappropria della sedia anche perché gambe e schiena hanno già raggiunto il grado di pesantezza di un contadino alle 5 di pomeriggio, la fila invece scorre con una media non calcolabile vista la variabilità del tempo trascorso all’interno dalle persone: chi ci mette 5 minuti, chi 15, tanto che dirsi delle preghiere in silenzio ed isolarsi da quel vespaio di voci, a Maria sembra l’unica panacea.

ore 10:03, attratta dall’ultima voce che ha detto: “Chi è l’ultimo?” si accorge che Peppe e gli altri sono scivolati via con le loro borsette..  ora ci sono altri, tanti,  forse di più volti nuovi, e a lei rimane davanti solo la signora che è arrivata ai dolori del 2016.

ore 10:18 rispunta il sorriso sul suo volto, la voce dell’impiegato Salvatore si rivolge a lei: “Avanti!” Supera la porta e con fare quasi delicato la chiude dietro a lei. Davanti, la scrivania che sembra quasi una cattedra, e il sorriso accogliente ma stanco della Farmacista che in maniera molto umana e aldilà del protocollo chiede: “Come sta signora?”. “Bene Dottoressa, grazie a Dio fino a quando ho la forza di venire qua, non mi resta che ringraziare”. Dal suo canto, la dottoressa aggiunge: “Su, su Signora spero di non rivederla più qua ma di incontrarla a passeggio, cosi allento anche io il lavoro“. Sorridono tutti e due intanto l’impiegato, dopo aver controllato il piano terapeutico, aver sottoposto la copia originale alla dottoressa ed esser andato in un’altra stanza a prendere la scatola di medicine, sottopone la fotocopia (che la signora prudentemente aveva fatto la sera prima) a Maria per la firma e consegna la scatola. Tutti si salutano con un malinconico “arrivederci”.

ore 10:27,  sono passate due ore. Maria sembra sentirsi in un mondo parallelo. Dalla sua partenza da casa, son trascorse circa tre ore. Ne ha regalata una di sosta al comune di Vibo e sparatutto ci sono altri 35 km di strada e 45 minuti di macchina. Prima di girare la chiave e metter in moto il mezzo, chiude gli occhi, sospira… E boooooom! È scoppiata la farmacia! Il botto è localizzato nella sua testa, lo ha immaginato lei e, molto probabilmente, lo sentono la gran parte delle persone che ogni giorno vivono la stessa mattinata di Maria.

Questa è l’assistenza al malato di cui tanto si fregiano i politici in periodo elettorale!

Questo è il risultato di aver reso delle aziende pubbliche in maniera fittizia autonome dove, infatti, troviamo 3 forse 4 impiegati in uffici amministrativi, contabili ecc e vengono potenziati settori e investimenti a strutture e attrezzature che mai verranno utilizzate e continuano a depotenziare l’organico dei Medici e del personale e le strutture nei luoghi nevralgici al cittadino e al malato.

Perché non attivare delle succursali nei presidi ospedalieri della stessa Asp di distribuzione dei farmaci, per delocalizzare e rendere più agevole il servizio a tutti gli abitanti del vibonese?

Perché non migliore o cambiare la struttura della sede in un luogo consono ai numeri supportati?

Perché non potenziare il personale e rendere i tempi di attesa meno asfissianti?

Perché?

Ai posteri l’ardua sentenza, sicuro che questa come altre, rimarrà una novella tragicomica inascoltata e mai letta da chi invece dovrebbe solo vergognarsi!

Andrea, 37enne tropeano, “malato” cronico

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