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Teatro di Vibo, non basta aprirlo all’insegna del “meglio di niente”: serve il coraggio di volare alto

Il Comune è oggi davanti a un bivio che è molto più di una scelta amministrativa, è una scelta di visione: soltanto se avrà la capacità di puntare su qualità e competenze ne farà un vero motore culturale

Teatro di Vibo, non basta aprirlo all’insegna del “meglio di niente”: serve il coraggio di volare alto

Nel cuore della Calabria antica, dove il vento sa ancora raccontare storie e le pietre custodiscono la memoria di popoli e culture, sta per levarsi una nuova scena. Un teatro. Un teatro nuovo, nelle forme, nelle funzioni, nella vocazione. Una promessa sospesa tra le impalcature del presente e le visioni di un domani tutto da costruire. Vibo Valentia, città dal passato regale e dal presente spesso sottovoce, può ritrovare nella cultura il proprio respiro lungo. E questo teatro, se guidato con visione e coraggio, può diventare molto più di una struttura: può essere un’anima collettiva, una casa delle idee, un’arena del possibile.

Un teatro, in ogni città, è un cuore pulsante. Ma in luoghi come Vibo Valentia, dove le radici affondano in secoli di civiltà e dove troppo spesso il presente ha smarrito la parola, un teatro è un atto poetico. È un gesto di fiducia nel domani. È un ponte gettato tra il visibile e l’invisibile, tra ciò che la città è nel presente e ciò che la città potrà diventare nel futuro.

Ogni palcoscenico, se costruito bene, è una soglia: vi si sale per entrare in un’altra dimensione, ma è da lì che si parla al mondo. Dunque, questo nuovo teatro non dovrà essere solo un edificio: dovrà essere un faro. Una fucina. Una piazza coperta dove il popolo potrà ritrovarsi non solo a guardare, ma anche a immaginare. Perché il teatro è lo spazio dove la finzione diventa verità condivisa, e dove ogni cittadino – non importa quanto distante dalle luci della ribalta – può trovare rappresentazione, dignità, parola.

L’importanza delle competenze e della progettazione

Ma attenzione. Il teatro non è una nave che si muove da sola. Per farla navigare serve un equipaggio, un timoniere, una rotta. Amministrare un teatro è un’arte che richiede molte mani, molti occhi, molte teste pensanti. Non basta l’entusiasmo. Servono competenze. Serve la capacità di coniugare il sogno con l’aritmetica, la passione con la gestione delle risorse, la creatività con il rigore. Perché un teatro è anche contabilità, logistica, sicurezza, manutenzione, progettazione culturale, organizzazione di stagioni, dialogo con artisti, gestione del pubblico, relazione con le scuole, i quartieri, il territorio.

Serve, insomma, una visione alta. Non si può amministrare un teatro come si gestisce un parcheggio o una sala riunioni. Occorre un pensiero lungo. Un pensiero alto. Un pensiero che sappia costruire una programmazione culturale articolata, attrattiva, accessibile. Che sappia investire su professionalità qualificate e certificate – direttori artistici, tecnici, organizzatori, comunicatori – senza cedere alla logica del favore o della mediocrità. Perché nel teatro, come nella vita, le scorciatoie portano quasi sempre a pessimi risultati.

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Motore culturale e non scatola vuota

È questa, forse, la più grande insidia: cedere alla tentazione del “basta che funzioni”, del “meglio di niente”, di “mezze” soluzioni. Ma un teatro non può essere “meglio di niente”. Un teatro è tutto o è niente. O è un motore culturale, o è una scatola vuota. O genera relazioni, fermento, ispirazione, oppure rimane una struttura muta, uno spreco di cemento.

Per questo l’Amministrazione comunale è oggi davanti a un bivio che è molto più di una scelta amministrativa: è una scelta di visione, di immaginari possibili. Può scegliere di volare basso, affidandosi a soluzioni di comodo, a progetti senz’anima, a figure inadeguate. Oppure può scegliere di volare alto, convocando le migliori energie – cercandole dove esse veramente si trovano –, scegliendo il merito, scommettendo su idee lungimiranti, costruendo alleanze con le università, le accademie, le compagnie nazionali, le scuole, le associazioni culturali.

Volare alto significa avere il coraggio delle scelte, non avere paura della qualità, non temere la complessità, non indietreggiare davanti alle sfide. Significa comprendere che la cultura – e in questo caso il teatro – non è un lusso, ma un investimento strategico. Significa capire che in ogni spettacolo ben fatto, in ogni laboratorio teatrale per adolescenti, in ogni rassegna, c’è un atto di cittadinanza. C’è formazione. C’è coesione. C’è comunità.

I riflessi economici

Il nuovo teatro di Vibo Valentia può diventare anche un volano economico. Dove c’è vera cultura, possono fiorire imprese, turismo, servizi. Un teatro vivo attira visitatori, stimola l’editoria, valorizza i giovani, promuove le eccellenze locali, anima le piazze e i caffè. Ma soprattutto, un teatro vivo crea un popolo più consapevole. Genera cittadini più attenti, più capaci di ascoltare, comprendere, immaginare.

Pensiamolo così, questo teatro: non solo come un contenitore, ma come un ecosistema. Una costellazione di attività – dalla rappresentazione scenica al concerto di musica, dalla grande opera al laboratorio per bambini, dal convegno alla performance di strada – che restituisca centralità alla cultura, in ogni sua forma. Che sappia parlare a tutte le generazioni, che sappia raccontare la Vibo che vogliamo essere.

C’è qualcosa di profondamente simbolico, persino poetico, nel fatto che proprio in una città come Vibo Valentia – spesso esclusa dai grandi circuiti, spesso narrata solo in negativo – stia per dispiegare le sue vele un teatro nuovo. È come se l’invisibile, per una volta, trovasse forma. Come se la voce dimenticata del Sud si accingesse a tornare al centro della scena.

Occasione da non sprecare

Non sprechiamo questa occasione. Non trattiamola come un fatto marginale, da relegare a qualche riga nelle cronache. È una rinascita. È un canto che si prepara. È un gesto che può cambiare molto. Ma solo se avremo il coraggio di crederci davvero.

Perché un teatro non si costruisce solo con mattoni e sedie. Si costruisce con la fiducia, con la cura, con il respiro profondo di una comunità che decide di tornare a pensarsi come protagonista della propria storia. Per far si che questo teatro sia un insieme vivo di senso, l’Amministrazione comunale non può limitarsi a “tagliare un nastro”. Deve diventare regista visionario di un progetto che sappia unire sogno e concretezza, emozione e metodo.

Niente giochi di potere locali. Serve una chiamata pubblica, trasparente e meritocratica, aperta a direttori artistici, curatori e compagnie teatrali di rilievo nazionale e internazionale. Il progetto vincente dovrà garantire pluralismo artistico, accessibilità, apertura al territorio, ma anche ricerca e innovazione. Solo con le competenze migliori si può costruire un’offerta culturale che faccia di Vibo Valentia una tappa d’obbligo per il teatro, e non semplicemente una fermata occasionale.

La cultura come seme

Il teatro che sta per decollare a Vibo Valentia è una soglia simbolica. Non è solo un edificio, ma un invito. È la possibilità – rara e preziosa – di cambiare rotta, di riscoprirsi comunità culturale, di cominciare a costruire qualcosa di bello che ispiri la città e la sua comunità. Ma ogni soglia ha bisogno di qualcuno che l’attraversi per primo. Spetta all’Amministrazione comunale avere il coraggio di essere quel primo passo. Di dire: “Vogliamo un teatro che sia luce viva e vera, non luce fioca e intermittente”. Di credere che la cultura non è spesa, ma seme. Che la bellezza non è un ornamento, ma una necessità. Solo così, forse, tra palco e realtà, la Vibo di domani potrà scrivere il suo capolavoro.

E allora che il sipario si alzi, per davvero. Che si alzi con rispetto, con ambizione, con visione, con amore. E che da quella scena, tra luci e parole, possa finalmente cominciare il futuro.
*scrittore e poeta

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