giovedì,Aprile 25 2024

«In un mondo che vertiginosamente cambia, la scuola resta immutabile»

La riflessione del dirigente Alberto Capria: «Gli adempimenti, le quotidianità burocratiche al limite della molestia, gli appuntamenti annuali si ripetono in modo stantio: seguendo una ripetitività che non avrebbe diritto di cittadinanza nei tempi che viviamo»

«In un mondo che vertiginosamente cambia, la scuola resta immutabile»
Il dirigente Alberto Capria

di Alberto Capria*

Il mondo della scuola, mai come in questi mesi, è stato catapultato al centro dell’attenzione “mediatica”: sarà per le lezioni on-line (è a mio avviso un grossolano errore associare i termini didattica e distanza) a cui siamo stati costretti dalla pandemia, o per la simpatia/antipatia del ministro Azzolina, ferocemente criticata come… Fedeli, Giannini, Carrozza, Profumo, Gelmini, Fioroni, Moratti, etc. etc.

A quando una riflessione – seria, ponderata, approfondita – sulla situazione della scuola italiana, sulla sua staticità, sulle ripetizioni di prassi tanto consolidate quanto poco comprensibili?

Se, per mezzo di una fantasiosa “macchina del tempo”, potessimo far osservare il nostro mondo ad un italiano vissuto alla fine dell’800, non riconoscerebbe nulla di ciò che è; non una strada o un palazzo, né le automobili o le barche, nessun cinema o programma radiofonico, nessuna attività sportiva, ristorante, vita quotidiana; nulla, letteralmente nulla sarebbe riconosciuto.

Se però si recasse in una scuola… la riconoscerebbe subito: il suono della campanella, l’androne, le scale, i corridoi, gli uffici, la presidenza, le prassi, le aule, i docenti in cattedra, gli alunni di fronte seduti sulle sedie dietro i banchi!

E se fosse solo una “ingessatura” dei luoghi sarebbe cosa da poco: il problema è che alla staticità degli ambienti si accompagna – più volte – quella didattica (appelli, verifiche, compiti in classe da rilegare con le “fascette”, interrogazioni, spiegazioni, programmi da svolgere assolutamente… che sennò!), spesso quella decisionale.

Gli adempimenti, le quotidianità burocratiche al limite della molestia, gli appuntamenti annuali si ripetono in modo stantio: seguendo una ripetitività che non avrebbe diritto di cittadinanza nei tempi che viviamo – pre o post Covid – e che è pari solo alla loro irrazionalità. Fra queste ritualità alcune, che prendo ad esempio, hanno sembianze di intoccabili simulacri.

Si pensi all’esame conclusivo del 1° ciclo d’istruzione – ex diploma di 3a media – che alla luce dell’innalzamento dell’obbligo scolastico (legge 53/03) …non conclude  nulla. Eppure ogni anno siamo qui con la valutazione finale, l’ammissione farcita dalla caduca… prova Invalsi, le 3 prove scritte, la tesina, il colloquio, altra valutazione e voto finale; un percorso ad ostacoli al termine di un ciclo che semplicemente… non finisce.

E poi l’esame conclusivo del 2° ciclo d’Istruzione: la cosiddetta maturità. Gli allievi a gennaio attendono “l’uscita delle materie” (come se si trattasse di folletti del bosco incantato che si fanno vedere dopo… Natale), di seguito la simulazione, il documento del 15 maggio (neanche fosse quello di… Ventotene), il plico telematico, aperto dalla chiave telematica detta “chiave Ministero” (sob!), che svela le tracce (senza la… “i”) delle diverse tipologie spesso “partorite” da menti molto “fervide”, la prima prova, la seconda prova basata su “…una o più materie caratterizzanti per ogni indirizzo”, i tre membri interni, gli altrettanti esterni che vaglieranno la “preparazione” del candidato (dubito possano valutare la “maturità” di ragazzi che vedono per la prima volta in un colloquio di 40/50 minuti), il presidente – esterno – che deve sancire la regolarità dello svolgimento dell’esame.

Ma perché non si può rivoltare la scuola, e la didattica “nei secoli fedele” in primis, come un calzino. Ma davvero questa ritualità porta qualche beneficio al vituperato mondo della scuola? Ma davvero non si potrebbe utilmente eliminare “l’inutile orpello” costituito dall’esame (in)conclusivo del 1° ciclo d’Istruzione, semplicemente perché non ha alcun motivo di esistere? Ma davvero rendere normale e positivamente strutturato il c.d. esame di maturità, sarebbe un’immane catastrofe?

Qualcuno potrebbe dirci, sempre a mo’ di esempio,  perché la regolarità dello svolgimento delle prove d’esame nella “mia” scuola debba essere attestata da un collega preside di un’altra scuola, mentre io sorveglierò e sancirò la bontà procedurale della “sua”?

Ma c’è qualche logica in tutto questo o è una sorta di “facite ammuina” – chi è ncoppa va abbascio e chi è abbascio va ncoppa; chi è a poppa va a prora e chi è a prora va a poppa.

Ma l’esame del 2° ciclo, non potrebbe essere più utilmente condotto dai docenti di classe che hanno seguito per 3 o 5 anni gli studenti e che sarebbero certamente in grado – loro sì – di esprimere una seria valutazione sul livello di maturità degli stessi?

Ma a vigilare e sancire la regolarità dell’esame, non potrebbe coerentemente essere il dirigente scolastico della stessa scuola? Ma non possono essere oggetto di esame le discipline, le esperienze didattiche, le attività, le sperimentazioni del triennio o del quinquennio?

Se qualche ministro dovesse rompere questo ammuffito rito pagano (compito della politica è decidere, altrimenti è demagogia) rischia di essere… bruciato sul rogo ed i suoi resti seppelliti alle giarre in terra maledetta? Qualcuno non è d’accordo? Bene: si discuta, si parli, si rifletta, senza stucchevoli, anacronistiche ripetizioni sine die.

Oltretutto un “serio e normale” esame conclusivo del 2° ciclo d’istruzione (scusate ma non riesco a chiamarlo di “maturità”) sfrondato dalle inutili declinazioni prima evidenziate, oltre che essere più produttivo per gli studenti costerebbe allo Stato 1/10 di quanto spende oggi. Per la cronaca, una singola commissione costa da un minimo di 6mila ad un massimo di 10mila euro: lo scorso anno – 2018/19 –  le commissioni in tutta Italia sono state… 13.161!

In un mondo che vertiginosamente cambia, la scuola ripete acefale ritualità: purtroppo!

*Dirigente Scolastico – Vibo Valentia

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