sabato,Aprile 20 2024

Omicidio Cricrì nel Vibonese: chiesti in appello 18 anni per l’imputato

La Procura generale di Catanzaro esclude la premeditazione nel delitto.  La vittima, già candidata a sindaco di Dinami, uccisa e poi bruciata in auto

Omicidio Cricrì nel Vibonese: chiesti in appello 18 anni per l’imputato

Conferma del verdetto di primo grado in tema di responsabilità, ma riduzione della condanna da 30 a 18 anni di reclusione per via del riconoscimento dell’esclusione dell’aggravante della premeditazione nel fatto di sangue. Questa la richiesta della Procura generale di Catanzaro per Alfonsino Ciancio, 29 anni, di Acquaro, imputato dinanzi alla Corte d’Appello per l’omicidio di Giuseppe Cricri, ex candidato a sindaco del Comune di Dinami nelle amministrative del maggio 2013 ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013. In primo grado la condanna a 30 anni di carcere era arrivata l’8 settembre dello scorso anno al termine di un processo con rito abbreviato celebrato dinanzi al gup del Tribunale di Vibo Valentia, Lorenzo Barracco, che aveva accolto in pieno le richieste della parte civile, rappresentata dall’avvocato Giovanni Vecchio, il quale si era battuto affinchè venisse riconosciuta l’aggravante della premeditazione che era stata esclusa dalle conclusioni della pubblica accusa. Ed anche oggi il legale di parte civile, dopo la richiesta della Procura generale, ha insistito dinanzi alla Corte d’Appello per il riconoscimento della premeditazione del delitto, mettendo inevidenza tutti gli elementi finalizzati a dimostrare la programmata volontà di compiere l’omicidio. Giuseppe Damiano Cricri  (in foto), 48enne di Melicuccà di Dinami, è stato ucciso e bruciato all’interno della sua auto nelle campagne di Acquaro. Secondo la tesi accusatoria, la vittima nel corso dell’incontro con Liberata Gallace, 52 anni, donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale decidendo poi di troncarla, era stato colpito al volto con un oggetto contundente (come acclarato dagli accertamenti medico-legali) così violentemente e ripetutamente da causargli la morte. Successivamente, la donna con l’ausilio di suo figlio, Alfonsino Ciancio, nonché dell’amante, Fiore D’Elia, è accusata di aver collocato il cadavere di Cricrì all’interno dell’autovettura della stessa vittima, sui sedili posteriori, trasportandolo in una stradina di campagna che si dirama dalla S.P.4 (Acquaro – Dinami) a Limpidi di Acquaro, località Petrignano, del tutto priva di illuminazione e dove, con della benzina procurata in precedenza, è stato dato fuoco al cadavere e al veicolo che l’indomani sono stati rinvenuti carbonizzati. Il gip, in sede cautelare, aveva definito l’omicidio come di “inusitata crudeltà e spietatezza”.  L’imputato è difeso dagli avvocati Bruno Ganino, che ha discusso oggi chiedendo la riforma in toto della sentenza di primo grado e quindi l’assoluzione del proprio assistito “per non aver commesso il fatto”, e dall’avvocato Salvatore Staiano che discuterà nella prossima udienza. Gli altri coimputati Liberata Gallace, madre dell’Alfonsino Ciancio, e Fiore D’Elia 64 anni di Gerocarne si trovano invece ancora sotto processo (primo grado) dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro, avendo scelto il rito ordinario. La vittima, Giuseppe Cricri avrebbe avuto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta era separata ma che continuava a vivere col suo ex marito nella stessa casa insieme ai loro tre figli. La donna non avrebbe accettato la fine della relazione con Cricrì per via di una donna romena. Da qui la vendetta della donna con l’aiuto del figlio e del nuovo compagno. 

 

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