sabato,Aprile 20 2024

Usura a Vibo, una condanna in Tribunale

Quattro anni e sei mesi la pena decisa dai giudici. Le indagini condotte dalla Guardia di finanza

Usura a Vibo, una condanna in Tribunale

Quattro anni e sei mesi per il reato di usura. Questa la condanna decisa dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Tiziana Macrì, nei confronti di Alfonso Giofrè, 61 anni, di Vibo Valentia, che era stato rinviato a giudizio nel marzo dello scorso anno. Il pm Eugenia Belmonte, al termine della requisitoria, aveva chiesto la condanna dell’imputato alla pena di 6 anni di reclusione.
Due i capi di imputazione. Nel primo caso Giofrè è accusato di aver preteso interessi usurari su alcuni prestiti di denaro nei confronti di due coniugi (Gerardo Pungitore e Caterina De Lorenzo) già sfrattati dalla loro abitazione e costretti a trasferirsi in un altro immobile che necessitava di interventi di ristrutturazione. A garanzia di un prestito di quattromila euro (corrisposto a mezzo assegno bancario nel settembre del 2005), Giofrè si sarebbe fatto consegnare un assegno bancario di importo pari a 5.500 euro facendosi corrispondere interessi usurari pari a 2.800 euro. Alfonso Giofrè è poi accusato di essersi fatto consegnare altro assegno di importo pari a 6.600 euro, sempre quale corrispettivo per l’originario prestito di 4.000 euro, omettendo però di riconsegnare il precedente assegno da 5.500 euro. Nel giugno del 2006, Alfonso Giofrè avrebbe poi concesso altro prestito ai coniugi pari a 2.000 euro, versati in contanti, a fronte del quale si sarebbe fatto riconsegnare l’assegno di 4.000 euro. Infine, nell’aprile del 2007 Giofrè si sarebbe fatto consegnare 10.000 euro in contanti dai coniugi per l’estinzione dell’originario prestito. La contestazione era aggravata dal fatto di aver agito ai danni di soggetti in stato di bisogno. I due coniugi – parti lese nel procedimento penale – erano assistite dall’avvocato Carmine Pandullo. [Continua in basso]

Con il secondo capo d’imputazione, invece, a Giofrè era contestato di aver approfittato della stato di bisogno di altra parte offesa (attualmente deceduta ed al suo posto quale parte civile si è costituito il marito, assistito dall’avvocato Giuseppe Di Renzo) per farsi consegnare nel dicembre 2006 un assegno bancario da 35mila euro a fronte di un prestito di 30mila euro. Nel dicembre 2007, invece, Giofrè si sarebbe fatto corrispondere i cinquemila euro di interessi e, a fronte del rinnovo del prestito da 30.000 euro, avrebbe preteso interessi pari a 7.500 euro. Nell’agosto del 2008 – sempre a fronte dell’originario prestito di 30mila euro – l’imputato era accusato di essersi fatto promettere interessi pari a 15mila euro e consegnare, a garanzia, altro assegno bancario di importo pari a 45mila euro. Anche in questo caso il reato era aggravato dalla circostanza di aver agito in danno di un soggetto in stato di bisogno.
Le indagini erano state condotte dalla Guardia di Finanza. Giofrè era difeso dall’avvocato Espedito Domenico Calopresti del foro di Palmi.

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