venerdì,Aprile 19 2024

“L’Italia che resiste” in piazza anche a Vibo: «No ai porti chiusi»

Alla manifestazione, che si è svolta in contemporanea in numerose piazze italiane, hanno aderito tra gli altri Libera, Cgil, Wwf e Forum delle associazioni

“L’Italia che resiste” in piazza anche a Vibo: «No ai porti chiusi»

«E’ stata una iniziativa nata in pochi giorni da persone comuni, non avvezze a scendere in piazza, ma è riuscita comunque ad esprimere una reazione all’indifferenza davanti a ciò a cui si sta assistendo in questi giorni: barche cariche di immigrati che vagano in mare cercando un approdo, centri di accoglienza chiusi senza preavviso, ospiti trasferiti con destinazione segreta. Da domenica scorsa, giorno della memoria, è nata la consapevolezza che non si può stare a guardare come successe allora nel tempo di guerra e delle persecuzioni razziali». È quanto dichiarano in una nota i promotori vibonesi della manifestazione nazionale “L’Italia che resiste”, promossa in contemporanea in numerose piazze italiane per protestare contro le politiche del governo in materia di immigrazione. «Così – spiegano i promotori – in decine di piazze in tutta Italia, con un tam tam spontaneo grazie ai social, l’idea si è diffusa a migliaia di persone che sono scese a manifestare per esprimere la contrarietà alla politica del governo sugli immigrati e la solidarietà a tutti coloro che soffrono per fame, guerre, persecuzioni. Anche a Vibo è stato così, oggi un piccolo popolo, ma anche tante associazioni che hanno condiviso le finalità dell’iniziativa – Cgil, Libera, Wwf, Forum delle associazioni -, si sono ritrovate sotto il palazzo del Municipio indossando indumenti rossi che ricordano le vittime delle tragedie in mare». Il titolo è: “L’Italia che resiste”, «e di resistenza si tratta: alle scelte inumane di chi vorrebbe lasciare morire in mare coloro che scappano da guerre, fame e povertà; di chi interrompe i percorsi di assistenza ed integrazione; di chi istiga all’odio dimenticando gli storici valori dell’accoglienza e convivenza civile». 

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