martedì,Aprile 23 2024

Ingiusta detenzione, risarcimento per Pantaleone Pelaia

Si tratta di un soggetto di spicco nell’ambito del narcotraffico, ritenuto vicino al clan Mancuso. La Corte d’Appello di Reggio accoglie il ricorso dei difensori dopo un annullamento della Cassazione

Ingiusta detenzione, risarcimento per Pantaleone Pelaia

La Corte di Appello di Reggio Calabria, in accoglimento delle argomentazioni formulate dagli avvocati Mario Santambrogio e Francesco Capria, ha accolto la richiesta di ingiusta detenzione nei confronti di Pantaleone Pelaia, 56 anni, di Limbadi. L’accoglimento da  parte della Corte reggina è avvenuto a seguito dell’ annullamento, da parte della quarta sezione penale della Corte di Cassazione, di una precedente ordinanza emessa dalla stessa Corte d’Appello che aveva dichiarato inammissibile la domanda di riparazione per ingiusta detenzione.

La Cassazione, con una pronuncia innovativa sul punto, ha stabilito che il diritto alla riparazione è configurabile anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena, purchè sussista un errore dell’autorità procedente e non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato che sia stato concausa dell’errore. Nel caso di specie, la Suprema Corte aveva evidenziato che i giudici di Reggio Calabria non avevano adeguatamente affrontato la questione devolutagli, ovvero che l’errore dell’autorità giudiziaria nel determinare l’aumento di pena per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato si sarebbe concretizzato in misura addirittura superiore rispetto a quella precedentemente applicata e, dunque, in violazione di quanto dispone il codice penale. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, pronunciatasi in sede di giudizio di rinvio, attenendosi alle direttive impartitegli dalla Suprema Corte, ha così riconosciuto il diritto all’ingiusta detenzione nei confronti di Pantaleone Pelaia liquidandogli la somma di circa 90mila euro. Pantaleone Pelaia – ritornato in libertà nel settembre dello scorso anno su decisione del magistrato di sorveglianza di Catanzaro – è stato condannato alla pena definitiva di 10 anni e 8 mesi di reclusione per i reati di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico nell’ambito dell’operazione “Decollo”. Viene ritenuto strettamente collegato al clan Mancuso e con riferimento all’operazione “Decollo” (nella quale è rimasto coinvolto pure Giuseppe Mancuso, alias “Pino Bandera”, fratello di Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”) era stato tratto in arresto dai carabinieri della Compagnia di Tropea il 22 aprile 2005 dopo un periodo di latitanza di 14 mesi. 

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