domenica,Dicembre 8 2024

La messa è finita, andate in pace

Evidentemente a Vibo con la cultura qualcuno vuole mangiare diversamente. Panta rei. Tutto scorre nei tempi e nei modi indicati dall'unica certezza prodotta con sadica costanza da questa terra disgraziata: la 'ndrangheta.

La messa è finita, andate in pace

di Angelo De Luca

Evidentemente a Vibo con la cultura qualcuno vuole mangiare diversamente. Intimidendo, magari a scopo estorsivo, la ditta che sta eseguendo i lavori per la realizzazione del nuovo teatro comunale di Moderata Durant. Nulla di nuovo, ad essere realisti, sotto il cielo terso della società vibonese. Panta rei. Tutto scorre nei tempi e nei modi indicati dall’unica certezza prodotta con sadica costanza da questa terra disgraziata. La ‘ndrangheta, nelle sue forme di micro e macro criminalità, sta continuando senza problemi il suo lavoro di pressione psicologica del territorio.

C’era chi credeva di aver posto un freno all’escalation di violenza grazie agli arresti degli ultimi anni, dalla decapitazione dei vertici della famiglia Mancuso, dai blitz per fermare le faide con i “Piscopisani” e i Patania, dalle scoperte degli arsenali tra le cosce delle mamme vestite a lutto nelle Preserre, dai controlli a tappeto sulle rotte della marijuana e dell’hashish. Questo è accaduto davvero, non c’è dubbio. Ma, al netto di quanto succede da mesi, non è abbastanza. Soprattutto se in una settimana rapinano per 5 volte consecutive la stessa zona. Soprattutto se qualcuno si alza la mattina, anzi la notte, e va ad incendiare a scopo chiaramente estorsivo un escavatore di una ditta che sta lavorando alla costruzione del nuovo teatro, simbolo di rinascita culturale e sociale.

La cosa che più deprime, al di la di ogni ragionevole dubbio, è il silenzio della politica locale. Cioè, si capisce bene che l’unico tassello mancante in questa repressione militare dello Stato è l’assenza di una qualche misura volta a far crescere le comunità. Una volta c’erano i famosi convegni antimafia svolti da altrettanti personaggi antimafia a tenere banco nei salotti delle scuole e delle biblioteche. Passata quella stagione ipocrita, che nulla di diverso – a parte le carriere personali dei promotori – ha prodotto o lasciato nella cultura quotidiana della società, niente di buono e nuovo e innovativo e interessante può essere raccontato ai posteri. La politica, non più invitata in alcun luogo, non è stata capace di esprimere delle volontà precise. Se glielo chiedi ti diranno in loop che non ci sono soldi. Se glielo chiedi si sforzeranno al massimo di gridare aiuto allo Stato, supplicando il prefetto – ad esempio – di prendere i giusti provvedimenti. Tipo che loro non sono parte dello Stato e tipo che, come appunto successo fin ad oggi, carabinieri, polizia e forze dell’ordine in genere non stiano già facendo il loro dovere.

Poi però uno ci pensa e riflette: ma cosa ci si può aspettare da un ente Provincia, che non si capisce a cosa stia servendo? O cosa ci si può aspettare da eletti nostrani a Roma, che altrettanto non si capisce cosa stiano facendo? E cosa ci si può aspettare dai sindacati, che non si capisce chi o cosa stiano difendendo se c’è sempre più disoccupazione? E cosa ci si può aspettare dai vari sindaci sparsi sul territorio, se il numero delle commissioni di accesso – anticamere dello scioglimento per infiltrazioni mafiose dei Comuni – aumenta, e se – come nel caso di Zambrone – il sindaco deve sapere dalla stampa che nella sua squadra fatta di 2 assessori e di 2000 abitanti alcuni componenti fossero legati a familiari coinvolti in inchieste giudiziarie pesanti? E cosa ci si può aspettare dai relativi consiglieri di maggioranza e minoranza, che vivono a cavallo tra un’alzata di mano e un articolo di giornale?

La messa è finita, andate in pace.

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