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Omicidio Mazza ad Acquaro: una condanna definitiva e due annullamenti con rinvio

Il fatto di sangue il 19 gennaio 2017 dopo uno spintone all’interno del bar della frazione Piani. Da rifare il processo d’appello per padre e figlio

Omicidio Mazza ad Acquaro: una condanna definitiva e due annullamenti con rinvio

La prima sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio le condanne di secondo grado nei confronti di Cosimo Ciancio, 52 anni, e per il figlio Giuseppe Ciancio, 24 anni, di Acquaro. Nei loro confronti – in accoglimento di un ricorso degli avvocati Giovanni Vecchio e Nico D’Ascola, sarà quindi necessario un nuovo processo d’appello in relazione all’omicidio di Rosario Mazza, 22 anni, avvenuto in località Piani di Acquaro in data 19 gennaio 2017. Condanna definitiva a 18 anni di reclusione, invece, con il riconoscimento delle circostanze generiche equivalenti alle contestate aggravanti, per Alessandro Ciancio, 28 anni, esecutore reo confesso del delitto, mentre a 17 anni e 4 mesi era stato condannato il padre, Cosimo Ciancio, ed a 10 anni e 2 mesi Giuseppe Ciancio, (previo riconoscimento della “minima partecipazione” al fatto di sangue). In primo grado, Cosimo e Giuseppe Ciancio – al termine di un processo celebrato con rito abbreviato dinanzi al gup del Tribunale di Vibo – erano stati assolti, nonostante richieste di condanna da parte della Procura di Vibo rispettivamente a 24 e 22 anni di reclusione. In Appello, però, nei confronti di Cosimo e Giuseppe Ciancio, la sentenza era stata riformata con le condanne ora annullate dalla Cassazione. [Continua in basso]

La Corte d'Appello di Catanzaro
La Corte d’Appello di Catanzaro

Per il delitto di Rosario Mazza, al cui indirizzo erano stati esplosi sei colpi di pistola, non ci sarebbe una vera causale se non uno spintone, un ceffone ed uno sguardo di troppo all’interno di un bar del paese che sarebbero alla base dell’omicidio. Rosario Mazza lavorava come aiuto cuoco in un ristorante di Laureana di Borrello ed in occasione del fatto di sangue è rimasto ferito anche il fratello Simone. Messo di fronte alle proprie responsabilità ed agli elementi di prova, Alessandro Ciancio aveva poi reso piena confessione. 
Il gip all’atto dell’arresto aveva parlato di gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Alessandro Ciancio per aver cagionato la morte di una persona e aver attentato alla vita di una seconda, utilizzando senza remora delle armi da fuoco per la “commissione di reati gravissimi” perpetrati in mezzo alla pubblica via e sulla spinta di motivazioni definite dal “assolutamente futili con il tentativo addirittura di nobilitare il proprio gesto”. A tal proposito, secondo il giudice che aveva emesso l’ordinanza, rilevavano le “brutali modalità con le quali è stato compiuto il delitto, con Alessandro Ciancio che ha sparato da distanza ravvicinatissima non appena ne ha avuto l’occasione” con l’arma – una pistola calibro 6,35 detenuta illegalmente – non è stata trovata. Per la Cassazione non regge ora il concorso morale nel fatto di sangue nei confronti di Cosimo e Giuseppe Ciancio ed il processo d’appello nei loro confronti è da rifare.

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