venerdì,Marzo 29 2024

Estorsione a concessionaria di auto a Vibo: tutti assolti in appello

I giudici di secondo grado ribaltano la sentenza del Tribunale di Vibo. Non regge l’operazione “Una Tantum” scattata nel 2010

Estorsione a concessionaria di auto a Vibo: tutti assolti in appello
La Corte d'Appello di Catanzaro
Nicolino Franzè

Assolti perché il fatto non sussiste. Questa la formula assolutoria della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Loredana De Franco, a latere i giudici Giovanna Mastroianni e Ippolita Luzzo) che ha totalmente riformato la sentenza con la quale il 19 gennaio del 2018 il Tribunale di Vibo Valentia (presidente Lorenzo Barracco, a latere i giudici Graziamaria Monaco e Anna Moricca)aveva condannato a 5 anni e 9 mesi di reclusione Nicolino Franzè, di 75 anni, di Vena Superiore, ed a 5 anni e 6 mesi a testa Francesco Franzè, 33 anni (figlio di Nicolino) e Saverio Carrà, 42 anni, genero di Franzè. I tre erano rimasti coinvolti nell’operazione della Procura di Vibo denominata “Una tantum”. Tentata estorsione il reato per il quale erano stati condannati gli imputati, con conferma delle condanne chiesta in appello dalla Procura generale di Catanzaro. Secondo l’originaria accusa, i Franzè (padre e figlio), più il genero avrebbero fatto irruzione negli uffici del titolare dell’autosalone “Stuppia” denominato “Testa rossa”, intimando a Daniele Stuppia, dopo un precedente avvertimento, di corrispondergli una mazzetta di 50mila euro, una tantum e subito, oltre a 2mila euro mensili.  Non appena allontanati dall’autosalone, il titolare Daniele Stuppia aveva quindi chiamato il 113. Sul posto erano intervenuti gli agenti della Squadra Mobile di Vibo che, dopo aver assunto a verbale le dichiarazioni della vittima, avevano avviato le indagini. Gli imputati erano stati condannati anche al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare, al risarcimento del danno – da quantificarsi in separata sede – nei confronti della parte civile Daniele Stuppia (assistito dall’avvocato Giovanna Fronte) ed alla rifusione delle spese processuali. I condannati erano stati altresì interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, oltre all’interidizione legale durante l’esecuzione della pena.  [Continua in basso]

La Corte d’Appello con la riforma della sentenza e le assoluzioni ha anche revocato le statuizioni civili. I giudici di secondo grado hanno quindi accolto le argomentazioni difensive degli avvocati Giuseppe Di Renzo (che difendeva Francesco Franzè e Sverio Carrà) e Giuseppe Grande (che assisteva Nicolino Franzè unitamente all’avvocato Di Renzo). Fra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza che dopo una vicenda giudiziaria durata anni manda assolti tutti gli imputati, “perché il fatto non sussiste”, all’epoca anche arrestati.  

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