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Omicidio Valenti a San Calogero, in tre rinviati a giudizio

Il gup del Tribunale di Vibo dispone il processo dinanzi alla Corte d’Assise per l’imprenditore Barone e per la figlia e la moglie di Cosma Damiano Sibio, quest’ultimo già condannato in via definitiva

Omicidio Valenti a San Calogero, in tre rinviati a giudizio
Domenico Valenti

Omicidio aggravato, detenzione illegale e porto in luogo pubblico di una pistola calibro 9×21 marca Grisan, corredata da due caricatori. Sono i reati per i quali la Procura di Vibo Valentia ha ottenuto dal gup, Francesca Loffredo, il rinvio a giudizio di Salvatore Barone, 32 anni, di San Calogero. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, nel pomeriggio del 15 agosto del 2016 Salvatore Barone si sarebbe trovato a bordo di un’auto in compagnia del suocero Cosma Damiano Sibio (già condannato in via definitiva per il delitto a 12 anni di reclusione). L’arma per compiere l’omicidio e il relativo munizionamento sarebbe stata presa da Cosma Damiano Sibio nella propria abitazione dove la teneva nascosta. Una volta in macchina, i due si sarebbero posti alla ricerca incessante di Domenico Valenti il quale è stato intercettato per le strade di San Calogero a bordo della Fiat Panda 4×4 e seguito sino al ponte Caldararo per poi affiancarlo ed iniziare ad esplodergli contro numerosi colpi di pistola. [Continua in basso]

Cosma Damiano Sibio

Per i reati di false dichiarazioni al pubblico ministero e favoreggiamento personale nei confronti di Salvatore Barone, il gup ha rinviato a giudizio Natalina Sibio, 28 anni, (figlia di Cosma Damiano Sibio e moglie di Barone) e Antonella Restuccia, 47 anni (suocera di Barone) le quali dopo l’omicidio di Domenico Valenti avrebbero aiutato Salvatore Barone ad eludere le investigazioni degli inquirenti rilasciando al pubblico ministero dichiarazioni ritenute false e reticenti. In particolare, il 22 agosto 2016 Antonella Restuccia avrebbe esortato il marito Cosma Damiano Sibio – detenuto all’epoca nel carcere di Vibo – a stare “fermi come un bicchiere d’acqua” rimarcando che da “questo dipende tutto”. Durante i colloqui in carcere con Cosma Damiano Sibio, entrambe le donne avrebbero commentato i possibili luoghi di installazione di sistemi per le intercettazioni. Il 28 febbraio 2017, quindi, Natalina Sibio e Antonella Restuccia, convocate nella caserma dei carabinieri della Compagnia di Tropea per essere sentite a sommarie informazioni testimoniali, avrebbero concordato la versione da fornire agli inquirenti, con Antonella Restuccia pronta a suggerire di non rispondere alle domande degli investigatori e Natalina Sibio propensa invece di rispondere di “non ricordare o di dire di aver saputo le informazioni da terzi soggetti”. 

In data 26 settembre 2016 ai carabinieri e quindi il 28 febbraio 2017 al pubblico ministero, Natalina Sibio è poi accusata di aver dichiarato – contrariamente al vero – che suo padre Cosma Damiano Sibio unitamente al suo fidanzato Salvatore Barone, avevano fatto nel pomeriggio del 15 agosto 2016 un sopralluogo in una cava e, successivamente, la stessa Natalina Sibio era uscita insieme a Salvatore Barone per fare un giro in paese, mentre il padre sarebbe rimasto a casa. Sempre in data 26 settembre 2016, Antonella Restuccia avrebbe invece dichiarato – secondo l’accusa contrariamente al vero – di essere stata lei ad informare Fortunato Sibio che il marito aveva ucciso Domenico Valenti. Natalina Sibio nella stessa data avrebbe poi dichiarato agli inquirenti di aver saputo dell’omicidio Valenti dallo zio Fortunato Sibio, dichiarando quindi di non conoscere il motivo per il quale il fidanzato Salvatore Barone avesse sottoposto a lavaggio tutti i suoi vestiti. Infine, gli inquirenti sono riusciti ad accertare che Natalina Sibio in data 15 ottobre 2016 ha cancellato dal proprio smartphone la telefonata avvenuta con Salvatore Barone il 15 agosto 2016 alle ore 18.02. Cosma Damiano Sibio il 24 settembre dello scorso anno è stato condannato in appello a 12 anni di reclusione con l’attenuante della provocazione nel fatto di sangue e la concessione delle attenuanti generiche. Alla base del fatto di sangue, vecchi rancori per i confini delle rispettive proprietà di campagna.

Gli imputati sono difesi dall’avvocato Giovanni Vecchio. Le parti civili Caterina Gigliotti, Caterina Valenti, Maria Concetta Valenti e Giuseppe Valenti sono assistite dall’avvocato Giuseppe Di Renzo. L’inizio del processo è stato fissato per il 13 dicembre dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro.

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