Fronte del porto, Tropea nel report di Libera “Diario di bordo” sul controllo degli scali calabresi da parte dei clan di ‘ndrangheta
Il dossier dell'associazione antimafia si concentra anche sull'interesse della cosca egemone La Rosa nei servizi di trasporto marittimo nel Vibonese


Il Porto turistico di Tropea, gemma della Calabria, spicca, in un contesto di criminalità organizzata, nel recente “Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani” (curato da Francesca Rispoli, Marco Antonelli e Peppe Ruggiero) presentato a Genova dall’associazione nazionale Libera contro le mafie. Il report mette in luce come anche scali minori come quello tropeano, nonostante le sue dimensioni ridotte rispetto ai colossi portuali, siano oggetto di interesse da parte dei clan. Mentre Gioia Tauro si conferma la “maglia nera” della regione, con 8 casi di criminalità registrati nel 2024 e il ruolo di snodo cruciale nel traffico internazionale di cocaina», il rapporto di Libera getta un’ombra su un fenomeno più capillare che coinvolge l’intera filiera portuale italiana. L’analisi condotta dall’associazione, basata su dati di rassegna stampa, relazioni di Commissione parlamentare antimafia, Dia, Dnaa, Agenzia delle dogane e Guardia di finanza, rivela un quadro preoccupante: «Nel 2024 sono stati registrati 115 casi di criminalità nei porti italiani, un aumento del 4,5% rispetto all’anno precedente, coinvolgendo 30 Porti».
Il dito puntato sul Porto turistico di Tropea
Il rapporto di Libera Calabria evidenzia come «l’interesse dei gruppi criminali non si limiti ai grandi scali» come Gioia Tauro. A Tropea, in particolare, «il clan La Rosa è stato individuato per attività legate ai servizi connessi al trasporto marittimo», mentre «il clan Mancuso ha mostrato interesse per il trasporto marittimo di passeggeri». Questi esempi sono emblematici di come le mafie si inseriscano non solo nei traffici illeciti, ma anche in attività di business legale, infiltrando imprese e pilotando appalti, persino in Porti non primari dal punto di vista commerciale. Analizzando i rapporti della Direzione nazionale antimafia (Dna) e della Direzione investigativa antimafia (Dia) pubblicati tra il 2006 e il 2022, emerge che almeno 54 Porti italiani sono stati oggetto di proiezioni criminali. Tropea figura in questo elenco come uno degli scali interessati. Nello specifico, Tropea è identificato come uno dei piccoli porti calabresi, al pari di Amantea, Badolato, Cetraro, Corigliano Calabro, Isola di Capo Rizzuto e Crotone, dove gli interessi della ‘ndrangheta si manifestano. Per quanto riguarda la “Perla del Tirreno”, l’interesse della ‘ndrangheta è esplicitamente legato alle attività di business illegali, in particolare il traffico di stupefacenti. Già nel 2006, la Relazione conclusiva della XIV legislatura della Commissione parlamentare antimafia aveva disegnato una mappatura delle proiezioni criminali che avevano investito molti scali italiani, includendo i porti di Tropea, Badolato e Cetraro.
La dimensione nazionale del fenomeno allarmante
A livello nazionale, «il triennio 2022-2024 ha visto 365 eventi criminali nei porti italiani», uno ogni tre giorni. «Tra il 1994 e il 2023 – si legge nel rapporto -, sono stati censiti 109 clan che hanno operato in attività illecite e lecite, con 69 porti italiani oggetto di proiezioni criminali». Di questi, ben 38 sono porti di rilevanza economica nazionale, rappresentando il 65,5% dei principali scali commerciali italiani. In Calabria, i numeri parlano chiaro: 18 casi di criminalità nel triennio, con Gioia Tauro leader regionale con 14 casi. Ma è la diversificazione degli interessi criminali a preoccupare: a Isola Capo Rizzuto, il clan Arena ha mostrato infiltrazioni nella preparazione di cantieri edili, mentre a Corigliano Calabro il clan Straface si è interessato ai servizi di gestione di pubblici mercati.
Mafie e Porti: terreno fertile di interessi economici e criminali
Come sottolineato da Francesca Rispoli, copresidente di Libera, «i Porti non sono solo snodi logistici e commerciali, ma veri e propri territori strategici dove si concentrano interessi economici, infrastrutturali e criminali. Sono porte d’ingresso e di uscita per traffici leciti e illeciti, spazi in cui mafie e corrotti trovano terreno fertile per contrabbando, traffico di droga, frodi fiscali, ma anche per inserirsi nelle catene logistiche legali e riciclare denaro». La presenza del clan Mancuso nel Porto di Tropea per il trasporto passeggeri, ad esempio, evidenzia una «strategia di infiltrazione che va oltre il classico contrabbando, mirando a controllare settori apparentemente “puliti” dell’economia».
Appello alla prevenzione e al coordinamento
Giuseppe Borrello, referente regionale di Libera in Calabria, ha ribadito l’importanza di «un’attenzione costante da parte dei decisori politici». Il rapporto di Libera non è solo una fotografia della repressione, ma un «monito per sollecitare risposte coerenti ed efficaci, non solo in ottica repressiva ma soprattutto preventiva». Borrello auspica un «rafforzamento del coordinamento tra autorità giudiziaria, Forze dell’ordine, autorità pubbliche presenti nel porto e imprese private». L’inclusione del Porto di Tropea in questo report, sebbene in una posizione meno eclatante rispetto a Gioia Tauro, sottolinea come nessuna realtà, anche la più piccola e apparentemente immune, possa dirsi al riparo dalle infiltrazioni mafiose.