venerdì,Aprile 19 2024

Forze dell’ordine al servizio del clan, le nuove rivelazioni di Emanuele Mancuso

Il collaboratore di giustizia svela alla Dda di Catanzaro i rapporti compromettenti coltivati dalla cosca a Nicotera e Limbadi ed apre pure il capitolo su giudici e avvocati infedeli

Forze dell’ordine al servizio del clan, le nuove rivelazioni di Emanuele Mancuso
Salvatore Ascone

Forze dell’ordine e clan. Un “capitolo” che, dopo la chiusura delle indagini preliminari dell’inchiesta Rinascita-Scott, potrebbe portare a nuovi e clamorosi sviluppi. A parlarne – in verbali sui quali è in parte caduto il segreto investigativo – è il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso e gli scenari che si aprono potrebbero riservare diverse “sorprese”. Il collaboratore parla infatti di un carabiniere che avrebbe passato informazioni riservate ad un personaggio di spicco del clan Mancuso che continuerebbe ad operare indisturbato sul territorio, in particolare a Nicotera. “Rapporti con le forze dell’ordine ne ha anche Ascone” , riferendosi a Salvatore Ascone di Limbadi, alias “U Pinnularu”, mentre altro carabiniere avrebbe avvisato Emanuele Mancuso “per l’operazione Costa Pulita”. [Continua]

Pasquale Gallone

Il collaboratore fa poi agli inquirenti il nome di altro carabiniere – il cui nome è coperto da segreto investigativo – il quale avrebbe trasmesso “informazioni a Pasquale Gallone tramite la propria moglie, intima amica di Ilaria Gallone, figlia di Pasquale Gallone che è a sua volta un fedelissimo di Luigi Mancuso. Nella mia famiglia si vociferava che tale carabiniere fosse stato messo “alla sbarra” al campo di aviazione a Mesiano a causa dei rapporti che intratteneva con la cosca Mancuso. So che tutto il paese diceva che il trasferimento era dovuto ad un furto di gas ma noi sapevamo che non era vero”. Sempre parlando di tale carabiniere, Emanuele Mancuso racconta un episodio specifico.

Eamanuele Mancuso

Una volta mentre mi trovavo a Joppolo alla guida della mia autovettura, all’incirca nell’anno 2015, il carabiniere pur essendo a conoscenza del fatto che io fossi sprovvisto della patente di guida – in quanto revocatami sin dal 2009 – mi lasciava comunque proseguire la marcia. Un’altra volta, mentre ero alla guida della autovettura Golf di un mio amico, Giuseppe De Certo, in compagnia di quest’ultimo, non ho arrestato la marcia sebbene vi fosse un posto di blocco composto da due macchine dei carabinieri. Anzi, specifico che io, in prima battuta avevo arrestato l’andatura. Tuttavia, non appena il carabiniere arrivava accanto al finestrino e mi vedeva in faccia, ripartivo ad alta velocità. La vicenda si concludeva dopo circa quaranta minuti quando i suddetti militari ritrovavano me, De Certo e la mia compagna Nancy Chimirri al tavolino di un bar a Nicotera, in piazza Cavour, e iniziavano a prendersela solo con De Certo elevando il verbale solo nei suoi confronti. Per quanto a mia conoscenza, la successiva comunicazione alla Procura della Repubblica veniva effettuata a carico di ignoti”.

Emanuele Mancuso svela pure che “vi è anche il cognato di un carabiniere di Nicotera che forniva informazioni alla cosca. Se non ricordo male il carabiniere si chiama….”. Un nominativo al momento coperto da segreto investigativo.

Ma di appartenenti alle forze dell’ordine, Emanuele Mancuso fa il nome anche di altro carabiniere non originario del Vibonese. Lo ritiene un infedele in quanto “disse a mia zia di sapere che le cose che stavano succedendo le stavo facendo io, che il drone era mio e così facendo mi metteva sull’avviso. Io comunque lo denunciai alla Stazione di Nicotera dove lui prestava servizio e dove non volevano prendere la denuncia stessa”. Probabilmente il riferimento di Emanuele Mancuso è al drone che utilizzava per controllare dall’alto le proprie piantagioni di canapa indiana, coltivate fra Nicotera e Joppolo, e quindi la presenza delle forze dell’ordine. Lo stesso collaboratore fa mettere però a verbale anche l’impegno senza sconti di altri carabinieri come “il nuovo maresciallo di Nicotera che è una persona molto seria”. Siamo fra il 2017 e 2018 (Emanuele Mancuso inizia a collaborare con la giustizia a giugno del 2018) e il riferimento del collaboratore è al “successo delle forze dell’ordine nelle perquisizioni e nei sequestri” di sostanze stupefacenti in via “Borgo di Nicotera dove – aggiunge Mancuso – cinque famiglie su dieci coltivano stupefacente”.

Pantaleone Mancuso (l’ingegnere)

Al momento fra gli indagati di Rinascita-Scott per i quali sono state chiuse le indagini preliminari vi è il carabiniere Antonio Ventura, 49 anni, nativo di Altamura (Ba), ma residente a Vibo Valentia, appuntato scelto, all’epoca dei fatti in servizio al Reparto Operativo Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Vibo. Ventura è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di tre ipotesi di rivelazione di segreti d’ufficio. Avrebbe passato notizie riservate sulle attività investigative in atto nei confronti di esponenti di diversi “locali” di ‘ndrangheta vibonesi (Piscopisani, clan Bonavota di Sant’Onofrio, clan Lo Bianco di Vibo e gruppo Mantella). A farlo finire nei guai, l’attività investigativa dei suoi stessi colleghi dell’Arma, pronti ad isolare le presunte “mele marce” senza guardare in faccia nessuno. Si è ora alla ricerca dei riscontri e degli ulteriori approfondimenti investigativi sulle dichiarazioni di Emanuele Mancuso che in altro passaggio dei verbali resi alla Dda di Catanzaro apre anche il “capitolo” degli avvocati e dei giudici ritenuti vicini al clan Mancuso ed in particolare alla figura del padre, Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”. Una storia, quest’ultima, ancora non resa pubblica e che promette clamorosi sviluppi.

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