giovedì,Aprile 25 2024

Cessaniti, lascia il carcere esponente di spicco della criminalità locale

Ottiene la detenzione domiciliare per sei mesi per motivi di salute ed anche per i rischi derivanti dal Covid-19. Ha un fine pena che scade nel 2030

Cessaniti, lascia il carcere esponente di spicco della criminalità locale

Ottiene il beneficio della detenzione domiciliare per un periodo di sei mesi a Favelloni di Cessaniti Antonio Pititto, 66 anni. Il beneficio – in luogo del differimento dell’esecuzione della pena – è stato concesso dal Tribunale di Sorveglianza di Messina in accoglimento delle argomentazioni sollevate dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Alessandro Trovato. Pititto – portato in carcere nel 2018 – sta scontando una condanna a 12 anni per lesioni personali aggravate, ricettazione, furto aggravato, minaccia a pubblico ufficiale. Sei le sentenze divenute definitive nei confronti di Antonio Pititto per un fine pena fissato al 20 novembre 2030. La Questura di Vibo Valentia con nota del 2 gennaio scorso nel ripercorrere l’iter criminoso di Antonio Pititto sino al 2018, ha sottolineato come lo stesso è da ritenersi “elemento di spicco della consorteria criminale dei Candela” che hanno la loro roccaforte proprio a Favelloni di Cessaniti. La Procura di Catanzaro, nel ripercorrere il suo iter criminale, ha anche ricordato che “l’ultimo evento delittuoso nella zona di Cessaniti risale al 2004 allorquando venne assassinato Domenico Sorrentino ad opera dei Candela, nipoti materni di Pititto”.

L’accoglimento dell’istanza per la detenzione domiciliare arriva dopo altri tre rigetti da parte dei giudici. L’ultima relazione sanitaria, però, ha concluso pe l’incolumità delle condizioni di salute attuali di Pititto con il regime carcerario, “anche in virtù dei forti rischi derivanti dall’infezione da Covid-19”. Da qui la detenzione ai domiciliari concessa a Pititto per sei mesi. Allo scadere dei sei mesi, le condizioni di salute di Pititto verranno rivalutate.
Nel 1997, Antonio Pititto era stato arrestato con l’accusa di essere fra i rapitori del dentista Giancarlo Conocchiella di Briatico, rapito nel 1991 e poi ucciso. Il nome di Pititto era venuto fuori dalle dichiarazioni di Carlo Vavalà, il quale dopo essere stato condannato a 26 anni di reclusione, quale ”telefonista” della banda, ha avviato ad una collaborazione con gli investigatori permettendo il ritrovamento dei resti del rapito, in un pozzo nelle campagne di Cessaniti, a quasi 6 anni dalla sua scomparsa. Al termine dei processi, però, Antonio Pititto è stato assolto da ogni accusa in relazione al rapimento di Conocchiella.

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