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Omicidio Cricri nel Vibonese: imputato condannato a 30 anni

Il pm aveva chiesto 20 anni escludendo la premeditazione. La vittima, già candidato a sindaco di Dinami, uccisa e poi bruciata in auto

Omicidio Cricri nel Vibonese: imputato condannato a 30 anni

Il gup del Tribunale di Vibo Valentia, Lorenzo Barracco, ha condannato Alfonsino Ciancio, 28 anni (difeso dagli avvocati Bruno Ganino e Rosario Lopreiato) alla pena di anni 30 di reclusione, ritenendolo responsabile dell’omicidio di Giuseppe Cricri, ex candidato a sindaco del Comune di Dinami nelle amministrative del maggio 2013 ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013. Il verdetto va ben oltre le richieste della Procura, atteso che il pm Benedetta Callea aveva richiesto 20 anni di reclusione. Il gup, al termine del giudizio con rito abbreviato, ha accolto in pieno le richieste della parte civile, rappresentata dall’avvocato Giovanni Vecchio, il quale si è battuto affinchè venisse riconosciuta l’aggravante della premeditazione che era stata esclusa dalle richieste della pubblica accusa. Giuseppe Damiano Cricri (in foto), 48enne di Melicuccà di Dinami, è stato ucciso e bruciato all’interno della sua auto nelle campagne di Acquaro, nel Vibonese. Secondo la tesi accusatoria, la vittima nel corso dell’incontro con Liberata Gallace, 52 anni, donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale decidendo poi di troncarla, era stato colpito al volto con un oggetto contundente (come acclarato dagli accertamenti medico-legali) così violentemente e ripetutamente da causargli la morte. Successivamente, la donna con l’ausilio di suo figlio, Alfonsino Ciancio, nonché dell’amante, Fiore D’Elia, è accusata di aver collocato il cadavere di Cricrì all’interno dell’autovettura della stessa vittima, sui sedili posteriori, trasportandolo in una stradina di campagna che si dirama dalla S.P.4 (Acquaro – Dinami) a Limpidi di Acquaro, località Petrignano, del tutto priva di illuminazione e dove, con della benzina procurata in precedenza, è stato dato fuoco al cadavere e al veicolo che l’indomani sono stati rinvenuti carbonizzati. Il gip, in sede cautelare, aveva definito l’omicidio come di “inusitata crudeltà, spietatezza ed empietà rivelate dalle modalità e circostanza degli efferati delitti”. Gli altri coimputati Liberata Gallace, madre dell’Alfonsino Ciancio, e Fiore D’Elia 64 anni di Gerocarne saranno giudicati dai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro. La vittima avrebbe avuto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta era separata ma che continuava a vivere col suo ex marito nella stessa casa insieme ai loro tre figli. La donna non avrebbe accettato la fine della relazione con Cricrì per via di una donna romena. Da qui la vendetta della donna con l’aiuto del figlio e del nuovo compagno. 

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