venerdì,Marzo 29 2024

Rinascita-Scott: l’avvocato Pittelli resta in carcere

Il gip distrettuale di Catanzaro respinge la terza istanza di scarcerazione presentata dai suoi avvocati. Pesa l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa

Rinascita-Scott: l’avvocato Pittelli resta in carcere
Giancarlo Pittelli

Resta in carcere l’avvocato del Foro di Catanzaro ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli. E’ quanto deciso dal gip distrettuale di Catanzaro, che ha così respinto la terza istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati Salvatore Staiano e Guido Contestabile. Già il 7 luglio scorso analoga istanza finalizzata ad ottenere una misura cautelare meno afflittiva, era stata respinta dallo stesso gip. Il mese scorso, invece, la Cassazione aveva annullato per Pittelli la misura cautelare in relazione a due casi di rivelazione di segreti d’ufficio ed uno per abuso d’ufficio. Continua a pesare, dunque, la principale accusa mossa all’avvocato Giancarlo Pittelli, ovvero quella di concorso esterno in associazione mafiosa mossa nell’ambito della maxi-operazione antimafia denominata “Rinascita-Scott”, condotta sul campo dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri.

Pittelli è accusato di aver messo a disposizione dei clan del Vibonese, come i Mancuso di Limbadi e Nicotera ed i Razionale-Fiarè-Gasparro di San Gregorio d’Ippona, i suoi “canali” ed i suoi “agganci” per rafforzare il loro potere mafioso. In particolare, l’avvocato Pittelli nella sua qualità «di avvocato e di massone – e, in quanto tale, di soggetto portatore di un rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale e del mondo imprenditoriale e delle professioni, caratterizzati da vincoli di fratellanza e reciproca riconoscenza – è indicato quale risolutore dei più svariati problemi dei clan «sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni o della pubblica amministrazione, in particolare delle forze dell’ordine, e, quindi, dalle illimitate possibilità di accesso a notizie riservate». Si sarebbe creato, secondo l’accusa, una sorta di circolare rapporto “a tre” tra il politico/ professionista/faccendiere, l’operatore di impresa e la cosca mafiosa, in cui il primo ottiene e concede favori, in forza dei suoi legami con le istituzioni e la ndrangheta, fungendo da “cerniera” tra i due mondi, il secondo cresce o risolve problemi grazie all’influenza mafiosa ed alla politica collusa, e la terza rafforza il suo radicamento nel tessuto politico ed economico.

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