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Traffico di reperti archeologici a Vibo: salta l’udienza preliminare per 11 indagati

Difetti di notifica ai difensori ed agli indagati non permettono al gup di esaminare la richiesta di rinvio a giudizio del pm per l’inchiesta “Purgatorio 3” del Ros di Catanzaro

Traffico di reperti archeologici a Vibo: salta l’udienza preliminare per 11 indagati

Si ritornerà davanti al gup del Tribunale di Vibo Valentia il 22 febbraio prossimo per l’udienza preliminare relativa al procedimento penale nato dall’inchiesta denominata “Purgatorio 3” su una presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico di reperti archeologici. Il giudice per l’udienza preliminare, Lorenzo Barracco, ha infatti oggi restituito gli atti alla Procura di Vibo Valentia relativamente alla posizione di Orazio Cicerone, 43 anni, di Nicotera, in quanto nell’avviso di conclusione indagini e nella richiesta di rinvio a giudizio, per un mero errore la notifica è stata effettuata all’avvocato Francesco Miceli anziché all’avvocato Michelangelo Miceli, reale difensore dell’indagato.

Per altre tre posizioni, invece, non è andata a buon fine la notifica di fissazione dell’udienza preliminare. Si tratta degli indagati: Francesco Staropoli, 57 anni, di Nicotera, commerciante di auto a Vibo (avvocati Ignazio Di Renzo e Nazzareno Latassa);  Carmelo Pardea, 47 anni, di Vibo Valentia (avvocato Francesco Sabatino); Rosario Pardea, 55 anni, di Vibo Valentia (avvocato Dorotea Rubino).

 La richiesta di rinvio a giudizio interessa anche: Giuseppe Tavella, 55 anni, di Vibo Valentia (difeso dall’avvocato Giuseppe Pasquino);  Giuseppe Braghò, 69 anni, di Vibo Valentia (Francesco Sabatino); Gaetano Scalamogna, 56 anni, di Vibo Valentia; Pietro Proto,  53 anni, di San Nicolò di Ricadi (avvocato Mario Santambrogio); Alberto Di Bella, 45 anni, di Vibo Valentia (avvocato Santino Cortese); Francesco Agnini, 61 anni, di Vibo Valentia (avvocato Sandro Franzè);  Luigi Fabiano, 48 anni, cittadino svizzero residente a Thun (avvocato Wanda Bitonte).

L’accusa. Associazione a delinquere finalizzata al traffico di reperti archeologici la contestazione mossa dal pm della Procura di Vibo Valentia, Filomena Aliberti (in foto), che mira a far luce sulle attività di alcuni presunti “tombaroli”. Il reato associativo fa riferimento allo scavo abusivo di un cunicolo in via De Gasperi a Vibo Valentia – in zona sottoposta a vincolo archeologico – nei pressi dell’area dedicata un tempo alla ninfa Scrimbia, finalizzato a condurre scavi archeologici non autorizzati per sottrarre, trafugare e commercializzare i numerosi reperti archeologici tutti di età compresa fra il quarto e sesto secolo A.C..

Al vertice della presunta associazione, la pubblica accusa – originariamente rappresentata dalla Dda di Catanzaro – collocava il boss della ‘ndrangheta di Limbadi Pantaleone Mancuso, detto “Vetrinetta” (in foto, deceduto in carcere nell’ottobre 2015). Il gip – e successivamente il Tdl – non ha ravvisato però alcuna aggravante mafiosa nelle contestazioni, rigettando le misure cautelari per come proposte dalla Dda di Catanzaro sulla scorta delle indagini del Ros di Catanzaro.

Le singole contestazioni. Giuseppe Tavella è accusato di essere stato il coordinatore e il finanziatore della presunta associazione, mentre altri presunti finanziatori del sodalizio vengono indicati in Francesco Staropoli, Orazio Cicerone e Pietro Proto, con Giuseppe Braghò ritenuto il presunto “anello di congiunzione” per la vendita e l’esportazione di reperti illecitamente trafugati. Agli scavi abusivi avrebbero invece provveduto, secondo l’accusa, i fratelli Rosario e Carmelo Pardea, mentre Alberto Di Bella viene indicato come l’affittuario dell’immobile di via Alcide De Gasperi sotto il quale era stato realizzato il tunnel abusivo per trafugare i reperti archeologici. Luigi Fabiano, ritenuto vicino a Braghò e Proto, si sarebbe infine occupato della commercializzazione dei reperti in Svizzera. Tali ultimi tre indagati si sarebbero anche impossessati di un capitello bizantino sottratto nel 2011 dal sito archeologico dell’Abbazia della Trinità di Mileto  e trasportato per la vendita in Svizzera.

Altra contestazione. Escluso Fabiano, a tutti gli altri indagati viene contestato anche il reato di danneggiamento per la realizzazione nel 2010 del cunicolo sotterraneo fra via Scrimbia e via De Gasperi, al confine con i giardini dell’hotel “Vecchia Vibo”, per una lunghezza di 50 metri. Per una parte dei reperti qui rinvenuti, gli stessi indagati sono accusati di aver provocato la rottura. Secondo l’accusa, l’associazione avrebbe trafugato dall’antica stipe votiva di Scrimbia alcune statue e reperti fittili di ingente valore. Delle somme di denaro avrebbe beneficiato pure il defunto boss Pantaleone Mancuso. A causa di contrasti interni all’associazione, nei confronti di Braghò sarebbe stata ipotizzata – secondo l’accusa – pure una grave ritorsione.

Carmelo Pardea è il coniuge di un’attuale consigliera comunale di Vibo Valentia.

 Il 22 febbraio prossimo sarà un nuovo gup a dover esaminare la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, atteso che il giudice, Lorenzo Barracco, da gennaio prenderà servizio al Tribunale di Velletri.

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