sabato,Aprile 20 2024

Coronavirus, il procuratore Nicola Gratteri: «Le zone rosse non fermano le mafie»

La pandemia non ferma le organizzazioni criminali: «Con la loro generosità interessata sono sempre presenti, più di certi politici che si fanno vedere solo in occasione delle elezioni»

Coronavirus, il procuratore Nicola Gratteri: «Le zone rosse non fermano le mafie»
Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri
Il procuratore Nicola Gratteri

«Una delle grandi caratteristiche delle mafie è la capacità di adattamento. Anche in questa difficile e delicata situazione, sono riuscite ad adeguarsi, trasformando l’ennesima crisi in opportunità. Hanno cambiato rotte per l’approvvigionamento della droga e hanno modificato i sistemi di spaccio». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri parlando su La Stampa delle modalità delle mafie di rendersi flessibili per esempio al lockdown.

«Ci sono stati anche casi in cui hanno dimostrato quella generosità interessata che li ha sempre caratterizzati – osserva – non sono mai stati dalla parte della povera gente. Hanno sempre calcolato ogni loro iniziativa, sempre funzionale a logiche di consenso sociale. Garantire cibo, arrivare in certi posti prima dello Stato significa aumentare la loro credibilità sul territorio, garantendo servizi che poi diventano obblighi». E allora «quando la stretta creditizia aumenta, gli usurai vanno a nozze. In momenti come questi, è facile sostituirsi alle banche, rilevare aziende in crisi, investire il denaro della droga. È nei momenti delicati come questi che le mafie, quelle che hanno soldi da investire, prosperano».

Le mafie arrivano prima dello Stato perché «sono meno burocratizzate dello Stato. Conoscono meglio il territorio, sono sempre presenti, a differenza di certi politici che si fanno vedere solo in occasione delle tornate elettorali». Le mafie non sono da considerare solo un problema di ordine pubblico: «Guai a continuare a pensarlo. Questo è il grande problema, da sempre. Le abbiamo considerate per troppo tempo un problema di ordine pubblico. Da affrontare con le manette e le sentenze. La lotta alle mafie è anche un problema culturale. Per sconfiggerle bisognerebbe anche affrancare la gente dalla paura e dal bisogno»; sono le uniche ‘aziende’ a essere cresciute senza risentire della crisi nel corso del 2020: «È purtroppo un dato indiscutibile, basta sfogliare i dati sui reati consumati nel periodo del primo lockdown e confrontarli con quelli dell’anno precedente. Tutti i reati sono aumentati. La pandemia non ha affatto fermato le organizzazioni mafiose».

Sulla sanità calabrese? «La responsabilità è equamente distribuita. La Calabria sconta ritardi di mala gestione e continua a soffrire per atteggiamenti politici molto discutibili. Non voglio entrare nel merito politico, ma da calabrese non vivo bene questa situazione di una terra continuamente martoriata e abbandonata a sé stessa». E «diciamo che le zone rosse non fermano le mafie».

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