giovedì,Marzo 28 2024

Leggere&scrivere, la Gelanzè: «Rinunciare a Palazzo Gagliardi uno scippo alla cultura»

L'esponente vibonese della Lega Salvini interviene sul cambio di location del Festival che quest'anno si è svolta su corso Vittorio Emanuele III

Leggere&scrivere, la Gelanzè: «Rinunciare a Palazzo Gagliardi uno scippo alla cultura»
L'interno di Palazzo Miceli, teatro del Festival
Cesella Gelanzè

Cesella Gelanzè esponente vibonese della Lega Salvini interviene sul cambio di location del Festival Leggere&scrivere che s è concluso ieri sera.
«In questa città – afferma – non si chiamano le cose col loro nome, non lo si vuole fare per il funambolismo che caratterizza la vita politica e non solo, ma non lo si fa anche per la mansueta condotta del vibonese, campione di adattamento alle condizioni che gli si apparecchia. L’elenco – prosegue Cesella Gelanzè – è senza soluzione di continuità e il vibonese vi si assuefà. Un tempo, la scelta di prendere decisioni che interessassero una comunità avveniva molto spesso senza consultare preventivamente alcunché, ma la diversità del risultato appare con tutta evidenza rispetto all’oggi con la sua eredità, unica presenza di valore». Secondo l’esponente leghista, «la “rivitalizzazione” di una città, come quella dei rami morenti di una pianta a cui per troppo tempo nessuna cura è stata somministrata, che non tenga conto che ogni rinnovata vitalità necessita di interventi dal suo interno, si risolve nella realtà ad un allenamento senza risultati. In questa città – continua – si parla da palcoscenici vuoti di rappresentazioni di valore, propinando ai cittadini video testimonial di certezze e promesse con l’incanto della suasion». Sul cambio di location del Festival Leggere&scrivere che quest’anno si è svolto in un locale di corso Vittorio Emanuele III Cesella gelanzè si domanda: «Non si capisce perché gli sia stata cambiata la sede di cui alla fine si è fatta generosamente carico una famiglia vibonese offrendo i suoi locali di palazzo Miceli.

La sede del “Leggere&scrivere”

Ma poiché appunto, questa è la città dove le cose non si chiamano col loro nome, quello che usualmente si chiamerebbe “scippo” alla cultura da parte di chi della cultura prova gran piacere di adornarsi, è stato nascosto dietro quello che è stato presentato come un tentativo di portare la cultura nel cuore della città in un’area fortemente penalizzata dalla crisi economica portando a commettere due errori, quello di render meno bella la manifestazione con la scelta di svuotarla della location più rappresentativa della città, Palazzo Gagliardi e quello di offrire una lettura errata al protagonista di ogni evento, quella di una città senza passato. L’ospite non ha potuto godere dell’accoglienza in un Palazzo storico nella sua maestosa struttura architettonica, la città non ha potuto godere della possibilità di offrire una ubicazione d’eccezione e il cittadino non ha potuto godere di fruirne. A questo punto – si chiede l’esponente della Lega – conoscerne la motivazione e il tempo del perdurare di tale scelta nel futuro è cosa dovuta, dal momento che non si può immaginare che davvero si possa pensare che lo squallore della via un tempo fulcro dell’attività commerciale e del passeggio, su cui ora si affacciano locali chiusi e abbandonati, possa risolversi con una manifestazione di pochi giorni che per ciò stesso troverebbe oltretutto un ridimensionamento in termini di spettacolarizzazione. In una città in cui a cittadini fucina di idee e prodotti di sviluppo vero che con la cultura animano l’intero territorio e vi attirano gente da ogni parte, si contrappone un’amministrazione che non solo non sa gestire l’ordinario, ma fallisce nello straordinario portandovi un altro default essendo incapace di soddisfare le proprie obbligazioni economiche e non sa dirigere le proprie scelte cogliendo le opportunità che le si offrono, in questa città dalle innumerevoli luci spente – conclude Cesella Gelanzè – il vibonese brancola, annaspa e devia dall’unica arma che possiede: la possibilità e libertà di scelta delle persone che ai suoi affanni devono sovrintendere».

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