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Monterosso e il suo Museo d’Europa: le testimonianze della civiltà contadina e artigiana nel cuore delle Serre

La nascita del polo museale raccontata da Domenico Capomolla, presidente della Pro loco: «Un progetto nato 45 anni fa che ha permesso di recuperare attrezzi, testimonianze legate alla vita agricola e artigiana nonché restituire identità alla comunità locale»

Monterosso e il suo Museo d’Europa: le testimonianze della civiltà contadina e artigiana nel cuore delle Serre

Il racconto del passato, delle trazioni di un borgo, del legame con la terra e con la natura. Questo e molto altro viene racchiuso nel Museo della civiltà contadina e artigiana della Calabria di Monterosso Calabro. Un viaggio nell’anima più antica della nostra terra reso possibile grazie al lavoro di recupero avviato ben 45 anni. Un progetto lungimirante che ha portato alla realizzazione di un polo culturale che si fregia del titolo di Museo d’Europa. Domenico Capomolla, presidente Pro loco racconta la storia del sito: «Il Museo della civiltà contadina ed artigiana della Calabria viene fondato nel 1983, su iniziativa della Pro loco Monterosso che, in ossequio ed adempimento dei propri fini statutari, aveva promosso, a partire dal 1978, un’intensa attività di recupero ed acquisizione di strumenti, attrezzi, prodotti e testimonianze legate alla vita agricola ed artigiana di un’area significativa della Calabria». [Continua in basso]

Il Museo di Monterosso

Le giare

La nascita del Museo e la fruizione da parte del pubblico ha consentito alla struttura di divenire prezioso strumento «attraverso il quale la comunità è riuscita a recuperare le proprie radici e la propria identità, ponendole in un dinamico processo di critico confronto con l’attualità». Più specificatamente il Museo è considerato un «anello di congiunzione tra la cultura dei nostri avi, fatta di sacrificio, d’intuito necessario per la sopravvivenza, di creatività e spontaneità, di credenze, che a volte sconfinano nel mitico, nel fantastico, nel surreale, e quella delle generazioni giovani, fortemente pregna di civiltà tecnologica».

Arcolaio

Sul fronte culturale, il sito è divenuto nel tempo un punto di riferimento per il recupero, lo studio e la valorizzazione della “cultura materiale” calabrese: «Ne sono valide testimonianze- evidenzia Capomolla- la funzione di vero e proprio strumento didattico acquisita dal Museo, con frequenti e significativi collegamenti con il mondo scolastico e con quello accademico; la continua ed intensa attività di interscambio con omologhe realtà culturali, regionali ed extraregionali; le intense ricerche storiche, condotte nell’ambito dell’attività museale grazie alle quali è spesso possibile dare concreti contributi alla “ricostruzione” della storia sociale, economica, religiosa e culturale del territorio; l’adesione al Comitato per la valorizzazione del costume calabrese, costituito in collaborazione con altre realtà museali calabresi ed il Centro studi “Gangale”. Infine – aggiunge – l’importante e qualificante riconoscimento ottenuto in campo europeo con la menzione speciale conseguita nell’ambito del concorso internazionale “European museum of the year award”, organizzato dalla Fondazione Arthur Andersen & Co. sotto gli auspici del Consiglio d’Europa. L’affermazione ha consentito l’inserimento del Museo nei più importanti circuiti museali a livello internazionale come dimostra l’adesione all’Emya».

Il tornio

Richiamo turistico

Dal punto di vista turistico, il Museo accoglie con frequenza scolaresche, gruppi provenienti dalla Calabria e fuori regione: «La presenza del sito – rimarca il presidente Pro loco- ha favorito il sorgere di nuove iniziative economiche a vocazione turistica, creando – in sintesi – tutte le necessarie condizioni perché la Comunità potesse acquisire, per come in effetti ha acquisito, una vera e propria coscienza civica finalizzata allo sviluppo ed alla crescita del turismo quale fattore trainante dell’economia locale».

Il gonfalone

Allestito sotto la supervisione dei professori Luigi Maria Lombardi Satriani (Università La Sapienza/Unical) e Vito Teti (Unical), il museo, dalla fondazione e fino al 2014, è stato ospitato nel settecentesco palazzo Aceti-Amoroso (proprietà Famiglia Basile), sito all’ingresso della “Capana” (uno dei tre rioni in cui si snoda il centro storico): «Per effetto di specifica Convenzione con l’amministrazione comunale di Monterosso Calabro – aggiunge Capomolla – il Museo è stato successivamente trasferito presso “La Filanda”, un antico immobile, già adibito alla trattura della seta e a frantoio oleario e già ospitante il Museo multimediale delle Serre calabresi (oggi i due musei costituiscono il Polo Museale Monterossino)».

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