“Mio fratello”, Giovanni Impastato racconta la storia di Peppino a San Nicola da Crissa
Il libro, dedicato al giornalista e attivista di Cinisi ucciso dalla mafia nel 1978, al centro di un incontro promosso dall’Amministrazione comunale
«Ho venticinque anni, mio fratello trenta. Dicono e scrivono che è saltato in aria per imperizia piazzando una carica di dinamite lungo la linea ferroviaria. Le forze dell’ordine perquisiscono le nostre case, la radio. Fanno sparire documenti e materiali. Ignorano volutamente vistose tracce di sangue nel casolare vicino al luogo dell’esplosione. Al Peppino terrorista nostra madre non crede. Come avviene con gli alberi con le radici più profonde, la tempesta la rafforza, la rende ostinata».
È uno dei passaggi più intensi del libro “Mio fratello. Tutta una vita con Peppino”, scritto da Giovanni Impastato e dedicato al giornalista e attivista di Cinisi ucciso dalla mafia nel 1978. Un libro che verrà presentato oggi nel Vibonese, a San Nicola da Crissa, su iniziativa dell’Amministrazione comunale e in collaborazione con il Centro studi Futura, la Biblioteca comunale Martini e Demea eventi culturali. Appuntamento alle ore 18 nella sala consiliare del Comune dove, oltre a quello dell’autore, sono previsti gli interventi del sindaco Giuseppe Condello e del responsabile del Centro studi Futura Carmelo Cortellaro, in un incontro moderato da Stefano Mandarano, caporedattore del network LaC.
Il libro, edito da Libreria Pienogiorno, è «un racconto che si dipana a partire da un comune della città metropolitana di Palermo, Cinisi, e da una famiglia di agricoltori legati alla mafia locale: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, e suo cognato, Cesare Manzella, ucciso in un attentato, era il capomafia del paese, uno dei boss che per primi individuarono nel traffico di droga il nuovo strumento di accumulazione di denaro e potere. È in questa famiglia che nasce Peppino, e cinque anni più tardi anche Giovanni, dopo che un altro fratello che portava lo stesso nome era morto ancora piccolissimo. È da qui che si sviluppa la vicenda rivoluzionaria, drammatica, coraggiosa e libera del ragazzo destinato a diventare il più contagioso degli attivisti della lotta antimafia. Una storia che non si interrompe affatto con l’uccisione di Peppino, ma che continua per altri quarant’anni intrecciandosi a quella del nostro Paese, e disvelandone spesso complicità e opacità. Quella storia Giovanni l’ha vissuta tutta, camminando con Peppino ben oltre i cento passi che per convenzione distanziavano la loro casa da quella di Gaetano Badalamenti, ‘u ziu Tano. Invecchiando, lui sì, mentre Peppino, suo fratello maggiore, restava per sempre ragazzo. Ma quei passi ora sono diventati milioni».