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Il vibonese che scrisse il libretto per l’opera Maria Stuarda e annunciò la fuga del re delle Due Sicilie: la storia di Giuseppe Bardari

Magistrato e patriota originario di Pizzo, fu autore del testo per Donizetti a soli 17 anni e del proclama che annunciò la partenza di Francesco II da Napoli poche ore prima dell’arrivo di Garibaldi

Il vibonese che scrisse il libretto per l’opera Maria Stuarda e annunciò la fuga del re delle Due Sicilie: la storia di Giuseppe Bardari
Veduta storica di Pizzo in un'incisione d'epoca

Il nostro territorio è una miniera di storie spesso dimenticate, in bilico tra la memoria che svanisce e il bisogno sempre attuale di riscoprire le radici. La Calabria, terra aspra e generosa, ha dato i natali a donne e uomini che hanno lasciato un’impronta ben oltre i suoi confini, ma che troppo spesso finiscono per essere relegati nel silenzio della dimenticanza.

Una di queste figure è Giuseppe Bardari, nato a Pizzo il 27 maggio del 1817. Un personaggio che incarna alla perfezione la doppia anima dell’Ottocento italiano: intellettuale e uomo delle istituzioni, scrittore e patriota. I suoi primi studi li compie a Monteleone – l’odierna Vibo Valentia – per poi proseguire a Napoli, dove entra in contatto con l’ambiente culturale della città, tra salotti letterari e fermenti liberali che animano il cuore del Risorgimento.

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A soli 17 anni firma quello che ancora oggi è considerato un capolavoro: il libretto dell’opera Maria Stuarda, musicata da Gaetano Donizetti, uno dei giganti del belcanto italiano. Un’opera che continua a essere rappresentata nei maggiori teatri del mondo, e che porta la firma di un ragazzo calabrese.

Ma la vita di Bardari non si esaurisce nell’arte. Tornato alla carriera giuridica, diventa magistrato a Monteleone, incarico che perderà nel 1848, travolto dalla repressione borbonica per aver preso parte a un’insurrezione in Calabria. Non si arrende. Torna a esercitare come avvocato, si lega a Liborio Romano, figura chiave del Risorgimento, e negli anni decisivi che precedono l’Unità torna sulla scena pubblica.

Nel settembre del 1860, con Garibaldi ormai alle porte di Napoli, è Prefetto della città. Il 6 settembre pubblica un manifesto che annuncia la partenza di re Francesco II e della sua corte. Un appello ai napoletani a mantenere l’ordine e la calma, a sostenere il nuovo corso politico. Secondo diverse fonti storiche, fu proprio Bardari a scrivere non solo quell’annuncio, ma anche il discorso con cui il re salutava il popolo e le nazioni europee.

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Il giorno dopo, il 7 settembre, Napoli cade e viene ufficialmente annessa al nuovo regno. Bardari è nominato consigliere della Gran Corte dei Conti e presidente della commissione che si occupa della gestione delle ex proprietà dell’ordine gesuita nel Regno delle Due Sicilie. Una carriera, quella nel nuovo Stato unitario, che pareva appena cominciata. Ma il destino la interrompe troppo presto: muore a Napoli a soli 44 anni, nel 1861.

Giuseppe Bardari è una di quelle figure che meritano di essere riscoperte. Breve ma intensa, la sua vita attraversa l’arte, la politica e la storia d’Italia. Un figlio della Calabria, ormai dimenticato, la cui memoria andrebbe invece riportata alla luce e valorizzata, per ricordarci che anche nei borghi del Sud sono nate voci capaci di parlare al mondo.

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