sabato,Aprile 20 2024

A Tropea la Giornata per la custodia del Creato

Nel corso dell’incontro l’invito di monsignor Luigi Renzo ad «amare, custodire e preservare l’ambiente»

A Tropea la Giornata per la custodia del Creato

Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. È questa la frase, tratta dal Libro della Genesi, che ha fatto da filo conduttore alla XII Giornata nazionale per la custodia del Creato. Per quanto riguarda la diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, la celebrazione, tesa a sottolineare la responsabilità inderogabile davanti alla quale si trova oggi l’umanità, si è svolta giorni fa nella chiesa dei Frati minori di Tropea, a cura dell’Ufficio per l’ecumenismo e i migranti diretto da don Bruno Cannatelli.

Aperto da un momento di preghiera (accompagnato dal locale coro del Duomo diretto dal maestro Francesco Arena), l’incontro, coordinato da monsignor Gaetano Currà, ha visto la presenza del vescovo miletese Luigi Renzo, del parroco della concattedrale di Tropea don Ignazio Toraldo e del direttore del Museo statale di Mileto Faustino Nigrelli.

Il presule, soffermandosi sul ruolo dei musei e sul valore dell’arte, nell’occasione ha sottolineato «che il museo non è un deposito, ma il luogo della memoria – e, quindi – luogo di vita, luogo per conoscere il passato». Riprendendo, invece, l’idea di turismo sostenibile, si è soffermato sul concetto che la cultura della cura «significa amare, custodire, preservare l’ambiente». Ciò che, a conti fatti, «può essere definita l’ecologia autenticamente umana».

Dal canto suo, nel suo intervento don Ignazio Toraldo ha focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti del “Canto del mare” del Servo di Dio don Francesco Mottola, che se da un lato «esprime lo stupore davanti alla bellezza del creato» e per altro verso «sente la drammaticità della condizione umana segnata dalla povertà, su cui è importante far sentire i segni della misericordia di Dio».

Il direttore Faustino Nigrelli, invece, trattando anch’esso il tema del ruolo dei musei e del valore dell’arte in genere, ha specificato che, entrando in una di queste strutture, «non bisogna soltanto “vedere”, ma anche guardare la nostra storia, nella piena consapevolezza che l’arte ha la capacità di rendere la nostra storia una consegna stupefacente». Infine, un richiamo ad ognuno di noi «affinché si assuma le proprie responsabilità verso le generazioni future, in modo da lasciare il nostro patrimonio naturale ed artistico migliore di come lo abbiamo trovato».

Le conclusioni sono state tratte da monsignor Currà, in questo caso evocando i due documenti di San Giovanni Paolo II: Sanctorun altrix e Radiabat, rispettivamente dedicati a San Benedetto e a San Francesco d’Assisi. Il primo presenta il monastero «come modello ecologico che integra natura, preghiera lavoro e comunità», il secondo mostra il modello di santità di Francesco «come testimonianza della dimensione cosmica della redenzione, che unisce inseparabilmente fraternità universale e pacificazione verticale».

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