venerdì,Aprile 19 2024

Il Corap in default chiede 1,2 milioni di euro agli enti vibonesi

Il consorzio ha da ripianare perdite per circa 30 milioni e si appella ai soci. Lapidaria la risposta della Camera di commercio: «In caso di ulteriori richieste, attiveremo le vie legali»

Il Corap in default chiede 1,2 milioni di euro agli enti vibonesi

“Carissimi, dobbiamo ripianare una trentina di milioni di euro di perdite. Ecco il nostro Iban, versate la vostra quota di ricapitalizzazione entro il 15 settembre. Cordiali saluti”. È questo il tenore dell’incredibile lettera che il commissario straordinario del Corap, Fernando Caldiero, ha firmato e spedito l’8 agosto 2019, dunque appena 2 mesi fa, a tutti i 68 consorziati, in prevalenza Camere di commercio, sezioni di Confindustria, Province e Comuni calabresi.

Tra i destinatari anche i soci vibonesi, ognuno dei quali detiene lo 0,3% delle quote, pari ad un valore nominale di 5.160 euro: Camera di Commercio, Confcommercio, Banca Credito Cooperativo di Maierato ed i Comuni di Vibo, Filadelfia, Francica, Gerocarne, Mileto, Monterosso, Parghelia, Pizzo, Rombiolo, San Calogero, San Gregorio D’Ippona, Sant’Onofrio, Stefanaconi, Vazzano, Maierato. A loro il Corap chiede complessivamente 1,2 milioni di euro, divisi in singole quote di 87.894 euro.

Il testo letterale della missiva è meno colloquiale, ma il senso la fa sembrare comunque una boutade, anche se dall’incipit si comprende come non sia la prima volta che il Consorzio regionale per le attività produttive – ormai di fatto fallito – bussa a soldi. L’oggetto della lettera è già tutto un programma: “Copertura perdita esercizi anni 2016 e 2017”. «Facendo seguito alle comunicazioni fin qui trasmesse, che si intendono integralmente richiamate – si legge subito dopo -, lo scrivente Ente, come noto, ha subito le seguenti perdite: Anno 2016, euro 26.606.447,00 – Anno 2017, euro 3.170.137,00». Uno specchietto niente male, nel quale si riverbera il default conclamato del consorzio, nato proprio nel 2016 dalla fusione delle Asi su base provinciale, delle quali ha ereditato anche una montagna di debiti.

Ad agosto, quando Caldiero spara la sua ultima cartuccia bagnata, il Corap è già virtualmente affondato, i 100 dipendenti in organico non vengono pagati da mesi (ora a un passo dal licenziamento) e i depuratori gestiti dal Consorzio rischiano un disastroso stop in piena stagione turistica, perché mancano anche i soldi per comprare i reagenti chimici che li fanno funzionare. Insomma il disastro è bello che compiuto. La burocrazia dell’Ente regionale, però, va avanti come se nulla fosse e manda ai soci la richiesta di ricapitalizzazione.

Per dare una parvenza di credibilità alla cosa, nella missiva viene citato l’articolo 9 dello Statuto, lo stesso che da più parti, a cominciare dal revisore dei conti, si afferma che non sia mai stato approvato. Fatto sta che Caldiero, virgoletta l’articolo in questione, citandolo letteralmente: «Gli eventuali disavanzi riscontrati nel bilancio consuntivo di gestione saranno ripianati in via prioritaria con l’utilizzazione delle riserve appositamente accantonate e, in mancanza o per insufficienza delle stesse, dai partecipanti. In detto ultimo caso, l’ammontare, determinato dall’assemblea generale su proposta del Comitato direttivo contestualmente al bilancio consuntivo, è ripartito tra i partecipanti in ragione delle quote di partecipazione al capitale da ciascun associato possedute…».

È solo la preparazione del piattino, che viene presentato con aritmetica comicità: «Alla presente si trasmette il prospetto finale per il calcolo della somma da ripartire per i singoli consorziati». Nella tabella allegata, redatta a suo tempo dal precedente commissario straordinario, Rosaria Guzzo, sono citati tutti i 68 soci, da quello principale, la Regione Calabria che detiene il 47 % delle quote e, insieme alla società in house Fincalabra Spa (7 %), controlla il Corap, fino all’ultimo dei consorziati, il Comune di Seminara (0,1%). In mezzo le cinque Province, le Camere di Commercio, le sezioni di Confindustria e una miriade di altre amministrazioni comunali, ognuno con la propria percentuale di quote possedute. In base a queste, vengono fatte i calcoli per la stangata.

Così, se alla Regione spetterebbe l’onere della ricapitalizzazione più alta, pari a circa 13 milioni di euro, e a Fincalabra seconda in classifica (ma sempre Regione è), toccherebbe un esborso poco sotto i 2 milioni di euro, la mazzata più pesante per gli enti e le associazioni coinvolte sarebbe per Assindustria Crotone, che a fronte del 5,2 % delle quote possedute, per un valore nominale di appena 84mila euro, dovrebbe sborsare 1,4 milioni di euro. Quarta in classifica la Provincia di Catanzaro, alla quale il Corap chiede poco più di un milione di euro; quinta, invece la Provincia di Crotone che resta di poco sotto la soglia del milione di euro di ricapitalizzazione richiesta. E così via: Comune di Lamezia (925mila euro), Provincia di Reggio Calabria (749mila euro), Comune di Rosarno (511mila euro), Comune di Crotone (476mila euro), e sempre più giù fino all’ultimo fino ai 34mila euro chiesti ai Comuni di Seminara e San Roberto, ultimi per numero di quote possedute tra i 68 soci consorziati. A chiudere la missiva, infine, c’è l’invito ad adempiere entro il 15 settembre, con tanto di indicazione delle coordinate bancarie del Corap da utilizzare per fare il versamento.

La reazione dei destinatari della lettera si può solo immaginare e senza dubbio c’è stato chi ha riso a crepapelle nel leggere non solo l’entità delle cifre richieste, ma anche i termini perentori della ricapitalizzazione proveniente da un consorzio regionale già abbondantemente decotto. Chi non ha reagito certo con umorismo è stata la Camera di Commercio di Vibo Valentia, che ha risposto come si fa più o meno con gli operatori più insistenti che cercano di venderti qualcosa al telefono: «In caso di ulteriori richieste, attiveremo i nostri legali per tutelare gli interessi di questo ente, con conseguente aggravio di spese».

Prima di questa diffida finale, comunque, la lettera a firma del presidente Sebastiano Caffo elenca puntualmente i motivi per cui l’ente camerale vibonese «nulla deve a codesto Consorzio», ragioni sintetizzabili nel fatto neppure fa parte della compagine societaria, avendo esercitato «il recesso dal Consorzio di sviluppo industriale di Vibo Valentia in data antecedente all’accorpamento del Csi nel Corap». Faccenda di contorno rispetto alla questione principale, ma che rende l’idea della confusione che domina e dell’assoluta mancanza di orientamento in questa vicenda, che nonostante i risvolti comici rappresenta un dramma vero per i lavoratori che rischiano il licenziamento e per le prospettive di sviluppo della Calabria. L’unica cosa certa come una sentenza inappellabile è il default del Corap, che avrebbe dovuto promuovere la crescita produttiva ed invece, sconfinando nell’epilogo più grottesco, ha solo reso evidente l’incapacità di un’intera classe politica.

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