giovedì,Aprile 18 2024

Fondi per il porto, un altro caso di ordinaria malaburocrazia (ma non solo)

Ancora una volta emerge anche l’insipienza di una classe politica che non riesce a individuare le priorità del territorio e a seguire ogni passaggio amministrativo

Fondi per il porto, un altro caso di ordinaria malaburocrazia (ma non solo)

di Giuseppe Addesi

Nel 2008 l’allora ministro per le Infrastrutture, Antonio Di Pietro, firmò il decreto di approvazione del programma di opere marittime per il triennio 2008-2010 che prevedeva, in particolare, la realizzazione di opere infrastrutturali per i porti nazionali. Per lo scalo di Vibo Marina fu concesso uno stanziamento di 20 milioni di euro da destinare al prolungamento della diga foranea, opera che sarebbe servita a ridurre il movimento di risacca e quindi l’insabbiamento dei fondali. L’intervento, la cui copertura era assicurata dalle risorse provenienti dallo stanziamento ordinario della Direzione generale per le infrastrutture ferroviarie, portuali e aeroportuali  del ministero, costituiva l’importo di gran lunga maggiore fra quelli previsti per i porti calabresi, ma di quei soldi, per un lungo periodo, si perse ogni traccia. Come da un cilindro di un prestigiatore, riapparvero, a parole,  dopo qualche anno per poi definitivamente sparire dai radar, probabilmente inghiottiti nelle imperscrutabili vischiosità della burocrazia e della politica che in quell’occasione non fu in grado di venire a capo dell’intricata vicenda.

Passano gli anni e cambiano i governi, ma la burocrazia, che in Italia è leggendaria, resta sempre la stessa e spesso per i suoi errori lascia senza parole, come accaduto nella paradossale vicenda del finanziamento di 18 milioni previsto per il porto di Vibo Marina, solo recentemente risolto, o almeno così si spera. Inutili duplicazioni, sovrapposizione di ruoli, giri di carte che non servono a nulla se non a giustificare lo stipendio di chi le fa girare. In sostanza la malaburocrazia sta dentro il nostro essere italiani: dietro di essa, che tormenta soprattutto chi fa impresa, ci sono poltrone e poltroncine, prebende, scrivanie, funzionari, dirigenti; per questo è una lotta disperata, contro un muro di gomma. Ma, oltre al flagello della malaburocrazia, che certamente ha le sue colpe, esiste anche l’insipienza di una classe politica che non riesce a individuare le priorità del territorio e a seguire passo dopo passo, con costanza e diligenza, ogni passaggio burocratico-amministrativo per impedire che i progetti e i relativi finanziamenti rimangano per anni nel cassetto. Si apprende così che il finanziamento per il porto di Vibo Marina era stato stanziato da circa un anno e mezzo, ma perché è trascorso tutto questo tempo senza che nessuno abbia mai alzato una cornetta di telefono, scritto una e-mail, inviato una raccomandata, fatto un viaggio a Roma, per sollecitare l’avanzamento della pratica?

Il direttore generale del competente Dipartimento, con la nota ufficiale inoltrata ai vai Enti, ha dettato il modus operandi per uscire dall’impasse ma ha lasciato intendere, fra le righe, che solo se verranno correttamente eseguiti i vari passaggi, elencati nei dettagli, si potrà finalmente arrivare alla effettiva erogazione degli importi stanziati, invitando gli attori coinvolti, questa volta in maniera esplicita, a contattare la Direzione in caso di difficoltà. Come se neanche lui avesse la completa convinzione che le amministrazioni interessate saranno in grado di applicare alla perfezione, ognuno per la parte di propria competenza, le direttive impartite. Difficile dargli torto.

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