Arena, nella fabbrica di divani che ora produce mascherine – Video
L’azienda ha riconvertito la produzione. Il titolare: «Grande solidarietà anche dai miei dipendenti, tutti a lavoro. Ma temiamo la futura crisi economica»
La produzione dei divani si è fermata. Ma le macchine da cucire non hanno mai smesso di funzionare. Nella fabbrica di Arena, centro delle Preserre vibonesi, sono tutti al lavoro. C’è chi intaglia la stoffa, c’è chi cuce e c’è chi impacchetta tutto per la spedizione. In una catena di montaggio che fa della solidarietà il suo valore aggiunto. È qui che si producono 700 mascherine al giorno da inviare a tutti quegli enti pubblici e privati che ne hanno fatto richiesta: dalle caserme dei carabinieri, agli ospedali, dalla Prefettura all’Avis, passando dai Comuni alle aziende di trasporto, fino ai semplici cittadini. Perché di questi presidi di protezione ce n’è davvero bisogno per tutti. Un gesto di grande generosità in un momento drammatico che vede nella prevenzione l’unico modo per fermare il contagio. E così non ci ha pensato due volte il titolare dell’azienda Pagano che dal giorno successivo alla chiusura imposta dal Governo, ha chiesto ai suoi dipendenti il “sacrificio” di ritornare a produrre: «L’indomani erano tutti sul posto di lavoro, pronti a realizzare le mascherine». Appena la notizia si è diffusa, sono arrivate centinaia di richieste che Alessandro e il suo staff stanno cercando di soddisfare.
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Il materiale non sanitario viene distribuito gratuitamente. Si tratta di Tnt, tessuto non tessuto, idrorepellente, sterilizzabile e lavabile. «Continueremo a produrne fino a quando non esauriremo la materia prima». Il materiale comincia infatti a scarseggiare, tanta è la richiesta. Il giovane imprenditore del Vibonese spera di interrompere presto la produzione. «Il mio auspicio è che al più presto queste mascherine non servano più». Fa dunque la sua parte, Alessandro, non nascondendo la preoccupazione per il domani. «Quando terminerà l’emergenza sanitaria, cominceremo a fare i conti con quella economica. Abbiamo chiuso diversi punti vendita – commenta – non abbiamo più commesse da tre settimane». Lui, come tanti altri imprenditori, teme che «se i tempi dell’emergenza dovessero prolungarsi, la somma messa in campo dal Governo non sarà sufficiente a fare ripartire l’economia». Ma l’ottimismo prevale. Si volta verso i suoi operai. Padri e madri di famiglia e aggiunge: «Ricominceremo daccapo, più forti di prima, presto o tardi, torneremo alla normalità».
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