giovedì,Aprile 25 2024

Esplode la “bomba” Lsu/Lpu, proteste in diversi Comuni nel Vibonese

Lavoratori in agitazione in tutta la regione per il paventato mancato rinnovo dei contratti. Incontri a Serra San Bruno, Monterosso, Dasà. Arena va invece controcorrente e il sindaco Schinella annuncia la proroga dei rapporti di lavoro

Esplode la “bomba” Lsu/Lpu, proteste in diversi Comuni nel Vibonese

Lavoratori socialmente utili e lavoratori di pubblica utilità sul piede di guerra. Le notizie poco rassicuranti arrivano dai Comuni vibonesi, all’esito di un incontro tra gli amministratori locali che ha messo al centro la cosiddetta Riforma Madia che, a parere dei sindaci, rende complicata se non impossibile la contrattualizzazione dei precari della pubblica amministrazione. Presa di posizione che ha suscitato la ferma presa di posizione dei lavoratori interessati, che nella provincia vibonese dono 450.

Così, alla notizia che molti Comuni non sono intenzionati a procedere alla contrattualizzazione di Lsu ed Lpu, in vari enti è scattata la protesta, procedendo in alcuni casi all’occupazione delle sede municipali, come avvenuto questa mattina a Serra San Bruno, Monterosso e Dasà. Ma è solo l’inizio e anche in altri Comuni potrebbe essere seguito lo stesso esempio.

Controcorrente l’Amministrazione di Arena, dove il sindaco Antonio Schinella è stato tra i primi ad annunciare l’imminente adozione della delibera per la proroga dei contratti ai 15 lavoratori Lsu in servizio, con il via libera degli assessori e dei responsabili di settore che, dunque, forniranno il necessario parere tecnico affinché l’atto sia pienamente valido. 

Al netto della decisione di Arena, comunque, allo stato sono numerosi i sindaci che hanno manifestato il loro disappunto nei confronti della normativa in vigore e che si trovano in questo momento nella scomoda posizione di fornire risposte a questa tipologia di personale, in alcuni casi da molti anni parte integrante dell’organico, senza mettere a repentaglio i conti comunali.  

Tra questi il sindaco di Capistrano Marco Martino: «La riforma Madia sul personale Lsu/Lpu – ha affermato – è un’offesa ed un’oppressione economica agli enti locali. Il rinnovo dei contratti prevede infatti la successiva stabilizzazione con relativi costi che dovranno assumersi i Comuni. Due le alternative: non rinnovare i contratti o assumersene le responsabilità dovute. Io da amministratore, dodici padri di famiglia sul lastrico non li mando, ecco perché domani firmerò la proroga del contratto assumendomene tutte le responsabilità dovute. Non farò come Schettino: se la nave affonda, io affonderò con loro ma con dignità».

Ma quella dei lavoratori socialmente utili è una bomba a orologeria pronta a esplodere in quasi tutti i Comuni calabresi e riguarda i circa 4.800 lavoratori, i quali alla data del 31 dicembre si ritroveranno senza contratto. Una problematica antica, che si trascina da decenni e che sembrava essere avviata a soluzione definitiva con la disciplina a favore del superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni contenuta nel decreto legislativo n.75 del 25 maggio 2017.

In base a queste nuove norme, chi ha maturato tre anni di lavoro come precario può essere stabilizzato e cioè essere assunto a tempo indeterminato per posizioni non dirigenziali. La prima e indispensabile condizione per approdare all’agognato posto fisso, dunque, è avere alle spalle tre anni da precario nella Pubblica amministrazione. Ma non basta. Il decreto legislativo 75/2017 stabilisce anche che gli enti possano assumere “nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all’articolo 6, comma 2, e con l’indicazione della relativa copertura finanziaria”. In altre parole, se in un Comune lavorano, ad esempio, 20 Lsu, ma il fabbisogno della pianta organica per il prossimo triennio prevede solo 10 posti con quelle determinate competenze e qualifiche, soltanto la metà dei lavoratori potrà essere stabilizzata. E questo non è chiaro a tutti.

Si può obiettare che, sebbene la stabilizzazione sia un traguardo importante, ciò che per molti conta maggiormente è il rinnovo del contratto annuale. Meglio assicurarsi l’uovo oggi e sperare nella gallina domani. Ebbene, su questo fronte la situazione sembra in apparenza più rosea, perché il 19 dicembre scorso la V° Commissione della Camera dei deputati ha approvato un importante emendamento alla Legge di bilancio che prevede la copertura finanziaria per il 2018 dei nuovi contratti a tempo determinato per gli Lsu. 

In pratica, lo Stato ha messo i soldi per l’ennesima proroga dei rapporti di lavoro precario nei Comuni, anche se l’emendamento è stato addolcito con la dicitura “norme finalizzate a consentire il completamento delle procedure di stabilizzazione”. Si tratta di una mezza verità, perché in effetti un nuovo anno da precario consentirebbe agli Lsu che non hanno ancora maturato i tre anni per il contratto a tempo indeterminato di raggiungere l’ambito requisito temporale. 

Ma ecco l’inghippo: accanto a loro ci sono anche quei lavoratori che, invece, i tre anni di precariato li hanno già accumulati. Rinnovare il loro contratto esporrebbe le amministrazioni datrici di lavoro ad azioni di risarcimento danni. La riforma Maida, infatti, proprio con l’obiettivo di scoraggiare il precariato nella Pa, prevede che il lavoratore ancora non stabilizzato ma con più di tre anni di precariato alle spalle, possa fare causa al proprio ente e chiedere i danni. E su questa eventualità nelle segrete stanze dei Comuni calabresi sta scoppiando il caos.

I dirigenti ed i segretari comunali che hanno mangiato la foglia si rifiutano di firmare i pareri tecnici che devono accompagnare le delibere di giunta per la proroga dei contratti in maniera indiscriminata. 

Da una parte, quindi, la Regione e molti sindaci, pressati dagli Lsu e dalle esigenze elettorali, premono perché la proroga dei contratti venga varata; dall’altra ci sono segretari e dirigenti meno compiacenti che si stanno mettendo di traverso, anche perché temono di essere chiamati in futuro a rispondere di danni erariali. Da qui la fase di stallo, che si sta consumando in queste ore con tensioni crescenti tra tecnici e politici. Qualunque sia la soluzione che verrà adottata, non sarà indolore. Tenere fuori dal rinnovo dei contratti chi ha già accumulato 3 anni di precariato significherebbe andare incontro alle ire e alle ritorsioni elettorali dei lavoratori esclusi, tanto più che le risorse ci sono e potrebbero essere spese come sollecita la Regione. Al contrario, offrire a tutti gli Lsu e Lpu un nuovo anno di lavoro a tempo determinato potrebbe preludere a una pioggia di contenziosi futuri. 

Intanto si registrano da questa mattina le prime clamorose proteste, con i lavoratori che si stanno mobilitando in tutta la regione, occupando in alcuni casi le sale consiliari dei propri Comuni. Il 31 dicembre si avvicina e il ticchettio si fa sempre più forte.

 

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