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Comune Vibo, ufficialmente chiuso il dissesto, ma resta lo spettro di un secondo default

La commissione straordinaria di liquidazione termina il lavoro iniziato a Palazzo Luigi Razza nel novembre del 2013

Comune Vibo, ufficialmente chiuso il dissesto, ma resta lo spettro di un secondo default
Il Comune di Vibo Valentia
L’atrio di Palazzo Luigi Razza

Cessazione dell’attività straordinaria di liquidazione e, di conseguenza, dello stato di dissesto finanziario del Comune di Vibo Valentia. Dopo otto lunghi anni, Palazzo Luigi Razza esce dunque ufficialmente dal default che venne dichiarato il 21 giugno del 2013 dall’ex amministrazione guidata dal sindaco Nicola D’agostino, a fronte di una massa passiva di oltre 30 milioni di euro da ripianare: da allora tributi locali alle stelle, stop ai concorsi per assumere nuovo personale da parte dell’ente, impossibile accedere ai mutui per il Comune e decadenza dei contratti esterni di collaborazione e altri lacci e lacciuoli che hanno condizionato l’azione amministrativa. Il 18 novembre dello stesso anno si insediò poi al Comune capoluogo la Commissione straordinaria di liquidazione, incaricata «della gestione dell’indebitamento pregresso», nonché «dell’adozione di tutti i provvedimenti per l’estinzione dei debiti dell’ente». La stessa Commissione che – dopo otto anni di lavoro – si appresta a lasciare la sede municipale e che il 27 agosto scorso ha provveduto a licenziare la sua ultima delibera che, appunto, mette nero su bianco la fine del dissesto finanziario di Palazzo Luigi Razza. [Continua in basso]

Cosa è stato fatto

La conclusione del lavoro della Commissione è giunta a seguito dell’attività istruttoria svolta dagli uffici comunali competenti, sotto la guida costante dell’organismo guidato dalla presidente Carla Caruso, nonché dell’ammissione e non ammissione alla massa passiva delle istanze pervenute in questo arco di tempo dai creditori dell’ente. Da qui la proposta, da parte sempre della Commissione, di transazioni per i crediti ammessi, quindi il pagamento delle transazioni accettate e l’accantonamento di quelle rifiutate. Il Piano di estinzione delle passività del Comune è stato, infine, approvato dalla Commissione il 30 ottobre del 2020, ma il testo doveva avere il successivo parere favorevole anche da parte del Ministero dell’Interno-Dipartimento per gli affari interni territoriali. Quest’ultimo, ricevuto il documento contabile, ha richiesto alla Commissione, ai primi di dicembre del 2020, di apportare alcune modifiche al Piano. Cosa che è stata fatta: la Commissione, infatti, – si legge nella delibera che mette fine al default di Palazzo Razza – «preso atto dei chiarimenti e delle precisazioni volute, ha richiesto agli uffici supplementi di istruttoria, provvedendo con propria delibera del 3 febbraio del 2021, a una parziale modifica del Piano di estinzione come da indicazione formulate dal Ministero dell’Interno».

La parola fine

La Commissione ha, dunque, messo la parola fine al default dell’ente, approvando in via definitiva, con apposita delibera, il rendiconto della gestione liquidatoria e la fine del dissesto finanziario e nello stesso tempo è stata disposta la restituzione al Comune della differenza positiva, pari a 18,454,709,32 euro (residui attivi, crediti che l’ente deve ancora incassare ma talmente lontani nel tempo da diventare di difficile esgibilità), raccomandando all’amministrazione Limardo «di adottare tutti i provvedimenti che si rendono necessari per assicurare una tempestiva e accurata revisione dei residui e la riscossione degli importi inerenti i residui attivi ancora da riscuotere, evitando il rischio di eventuali prescrizioni». A favore del Comune, infine, la Commissione ha emesso due mandati con vincolo di destinazione: sono di 3.443.838,28 euro e di 586.590,95, rispettivamente per il pagamento dei debiti non transatti del Piano di estinzione e per il saldo dei giudizi pendenti. [Continua in basso]

Lo spettro di un secondo dissesto

Se da un lato l’amministrazione comunale di Vibo Valentia si vede archiviare il default targato D’Agostino dall’altro, invece, i timori per una eventuale dichiarazione di secondo dissesto finanziario dell’ente, che provocherebbe conseguenze disastrose, rimangono tutti in piedi. Per evitare, quindi, di dover alzare bandiera bianca davanti a conti pubblici disastrosi, l’amministrazione guidata dal sindaco Maria Limardo ha presentato nell’estate del 2019 – pochi mesi dopo il suo insediamento a Palazzo Razza –  un Piano di riequilibrio finanziario alla Corte dei Conti e al Ministero dell’Interno, così come prevede la legge. L’articolato documento, predisposto dall’assessore al Bilancio Maria Teresa Nardo, unitamente agli uffici finanziari del Comune, è stato redatto proprio nell’estremo tentativo di fare evitare a Palazzo Razza una ulteriore deriva economica che potrebbe davvero compromettere in maniera decisiva l’azione amministrativa. Il Piano di rientro, approvato dal consiglio comunale il 5 agosto del 2019 e inviato alla Corte dei Conti e al Ministero, prevede misure per un rientro del debito calcolato dagli attuali vertici comunali in 24.495,227 di euro. Poi, però, – come si ricorderà – la magistratura contabile ha scritto all’amministrazione per mettere l’esecutivo al corrente che l’assessore e gli uffici finanziari competenti si erano, verosimilmente, sbagliati in quanto i magistrati contabili hanno, invece, certificato che il buco ammonta a 61.536,902 di euro. «La massa passiva quantificata nel Piano di riequilibrio finanziario pluriennale – hanno scritto, tra l’altro, i magistrati contabili nel documento inviato a suo tempo al Comune – è visibilmente sottostimataL’istruttoria condotta dalla Sezione ha, infatti, messo in luce un diverso e superiore dimensionamento delle passività».  A questo punto l’amministrazione del capoluogo ha, a sua volta, inviato alla Corte dei Conti, dopo ulteriori analisi contabili della massa passiva, le proprie controdeduzioni. E le conclusioni sono state che il debito dell’ente è sì cresciuto, ma è arrivato a 34.599.662 di euro (da qui la necessità di aggiornare il Piano, ma fino ad oggi non è stato possibile). Da allora sul Piano di riequilibrio è stato un braccio di ferro continuo tra la Corte dei Conti e il Comune capoluogo, con la magistratura contabile che ha richiesto più volte ancora altri approfondimenti contabili e l’amministrazione che ha risposto con le sue controdeduzioni. Nel mezzo sono anche arrivati dei fondi dal Governo da destinare al risanamento del debito e sono stati messi per iscritto appelli al Ministero dell’Interno per poter rivedere il Piano. Sta di fatto che dal 2019 si attende che la magistratura contabile si pronunci nel merito. Vale a dire se fare dichiarare l’ente in dissesto o meno.

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