venerdì,Marzo 29 2024

SATIRA | Sciojjimu stu presepi

Parodia liberamente ispirata a fatti e personaggi (ir)realmente esistiti in epoca pre-borbonica nella provincia sventurata di Happy Hippo.

SATIRA | Sciojjimu stu presepi

“Forza, camìna… tu, cu st’euru e cinquanta chi restau di primari i l’atra vota va pijjami u giornali”.

“Quale gradisce, Principe?”
“No sacciu, unu chi parra bbonu i mia”.
“Ma Principe, chi potrebbe mai parlar male di lei. Un uomo stimato e amato da tutti, talmente amato che persino i nemici dentro lo stesso partito fanno a gara per aiutarla. Tirano pietre, nascondono mani, pretendono addirittura briciole. Amato e onorato della stessa sostanza del Padre”.
Brunello Principe della Certosa aveva un dono: parlare male e razzolare bene. Un’attitudine comune nel regno di Inqu Landia, certo, ma che col tempo produceva pure strane assuefazioni. Cioè, non che le persone o i politici fossero cattivi, ci mancherebbe, ma si era talmente abituati a sentir le solite cose dalle solite bocche, che un po’ tutti, alla fine, c’avevano fatto l’abitudine e avevan iniziato per davvero a viver come bruti.

Ma intanto nelle segrete stanze gli animi parevano scaldarsi. Colpa di 2-3 esaltati provenienti da aree geografiche sconosciute, dai nomi improponibili tipo “Tre Croci” e “Dominiddìo”.
“Principe – sbottava Mike Bellimbusto – per questa gente non dobbiamo avere pietà! Dobbiamo subito cacciarli dal partito. Se non subito tra qualche tempo. Non possono stare con noi. Che poi, caro principe, li avete visti? Non c’hanno manco le Hogan ai piedi e quasi mai portano la cravatta!”
“No Mike – rispondeva Brunello seccato – ancora non ti ‘mparavi nenti! Ricordi la storia di Nome Omen, il giovane curdo (turco, ndr) che si era messo in testa di diventare sindaco di Happy Hippo, ricordi si? E comu finìu? Finìu ca si finìu sulu. Sulu comu un cani, ca mancu a briciola si pijja cchjiu!”
“Tze! – mormorava stizzito Bellimbusto – Nome Omen! Come può la gente votare uno che per vincere promette a tutti delle Smart? I tempi cangiaru, cu na Smart al massimo puoi prendere due voti a famiglia. Chistu cujjunìa!”

“Sono finiti i palazzetti dello sport di una volta, quando con una botta sola accontentavi tutti…”, commentava nostalgico guardando alla finestra con le mani in tasca Brunello.
Grosse risate fragorose animavano la segreta stanza, ripercorrendo la carriera politica del povero Nome Omen che in soli tre giorni era passato dal sogno della Smart-city all’incubo testa di capro, rigorosamente espiatorio.
“Comunque, per il tuo successore, caro il mio Bellimbusto, ho già trovato un nome interessante, addirittura più interessante di te”, commentava Brunello.

“Seeeee. Più Interessante di me? Più inutile, vorrai dire! Più interessante di me non c’è manco Casini dei bei tempi!” rispondeva con una punta d’invidia narcisistica Bellimbusto, ferito nell’orgoglio di bello guaglione.
“Interessante, inutile o che cazzo vuoi, basta che non sia troppo intelligente…”
“Sono proprio curioso, chi è?”
“N’zardà N’zardà N’zardà…”
“Naaaaaaaaa, daveru?”
“Eh già… Hai visto che coniglio ti toglie dal cilindro il tuo vecchio Principe della Certosa!”
“Effettivamente non c’ero arrivato. Cioè, N’zardà N’zardà N’zardà ci può garantire lunga vita, per almeno altri… uhmmmm… altri 15 anni!”
Intanto dalla piazza sottostante le segrete stanze qualcuno gridava qualcosa. Erano le minoranze delle minoranze che, accompagnati da qualche giornalista in vena di clamorosi scoop, urlavano animatamente: “Brogli! Brogli! Brogli!”. E ancora: “Tessere! Tessere! Tessere!”. E ancora: “Libertà! Libertà! Libertà!”.
“Principe, sotto le segrete stanze ci sono le minoranze delle minoranze accompagnati da qualche giornalista in vena di clamorosi scoop. Che facciamo?”
“Falli salire ad uno alla volta. Prima i giornalisti”.

Poco dopo, nelle segrete stanze…
“Allora, il ruolo della minoranza delle minoranze verrà rispettato, ognuno avrà qualcosa! Siamo un partito democratico e non abbiamo mai negato niente a nessuno. Ma comanda chi ha i voti. Ed io, come diceva Totò, modestamente lo nacqui. E mò jativindi…”
Ad uno ad uno entravano i pretendenti…
“Forza, tu da Tre Croci, chi bboi, chi ti servi?”
“Maramente, a mmia m’abbastaria u diventu sindacu o paisi mio pe 10 anni…”
“Tuttu chistu era? Bellimbusto, segna: una poltrona di sindaco per 10 anni!”
“Forza, tu da Dominiddìo, chi bboi, chi ti servi?”
“Pè l’amore di Dio, voi lo sapete che al paese mio io sono qualcuno, quindi per giustezza e meritocrazia, mi spetta almeno una legislatura da parlamentare a Roma”.
“Tutti chistu era? Bellimbusto, segna: una poltrona di parlamentare per 5 anni!”

“Forza, tu da… non sacciu cu si e cu ti portau, ma noi siamo un partito democratico e non facciamo distinzioni perché amiamo il popolo. Chi bboi, chi ti servi?”
“No no, mi rigognu, u sacciu ca vui tutti potiti e tutti aiutati. Ma mi rigognu…”
“Jamu, finitila, io sono il Principe della Certosa, aiuto gli altri per dovere e passione…”
“Ho problemi…”
“Chi pobblemi?”
“Ehhhhh, da qualche tempo, sapete… Cioè, purtroppo… Insomma…”
“Insomma che? Galera? Pobblemi con la giustizia? Parrati!”
“Ehhhh, caro Principe… Da qualche tempo… Da qualche tempo non ho più erezioni. Sapete com’e, mia moglie è giovane e bella…”
“Tuttu chistu era? Bellimbusto, segna: nu cazzu novu per il nostro amico!”
“Daveru?”
“Daveru, si!”
“Grazie grazie grazie, viva il Principe, viva il Principe!”
Un minuto più tardi, nelle segrete stanze…
“Principe, ma vi rendete conto? Adesso ci mettiamo a fare pure gli spiritosi? Adesso ci mettiamo a dare pure queste cose?”
“E pecchì all’atri chi ‘nci damu? Cresci Bellimbusto, cresci…”

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