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Obbligo di mediazione tributaria per i Comuni

Dal 1° gennaio 2016 anche per gli enti locali si rende necessaria una nuova fase operativa che, seppur improntata ad una riduzione del contenzioso, potrebbe portare problemi diversi ed oneri aggiuntivi di non poco conto.

Obbligo di mediazione tributaria per i Comuni

A partire dal 1° gennaio 2016, la mediazione tributaria è obbligatoria anche per tributi di competenza comunale, quali Imu, Tasi, Tarsu e Tari, sempreché il valore della controversia non sia superiore a 20mila euro. Ciò in base al decreto legislativo che dà attuazione alla delega fiscale su interpelli e liti tributarie e che prevede importanti novità per quanto riguarda la mediazione obbligatoria ex art. 17-bis D. Lgs. n. 546/92 estendendone (dal 1° gennaio 2016) l’ambito di applicazione anche ai tributi locali gestiti dai Comuni.

Si ricorda che lo strumento della mediazione tributaria è reso obbligatorio dall’aprile del 2012 ed è limitato agli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate con valore della controversia non superiore a 20.000 euro (il valore della controversia è determinato con riferimento a ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal contribuente con l’impugnazione, al netto degli interessi, delle eventuali sanzioni e di ogni altro eventuale accessorio. In caso di impugnazione esclusivamente di atti di irrogazione delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste).

Con la riforma fiscale, la mediazione tributaria sarà estesa anche agli atti degli Enti locali, delle Dogane ed a quelli di Equitalia con vizi di forma. Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, il ricorso produce anche gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione, con la rideterminazione della pretesa.

La normativa introduce tale misura deflattiva del contenzioso, da esperire preliminarmente alla presentazione del ricorso, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, che già, per gli atti della sola Agenzia delle entrate, notificati a decorrere dal 1° aprile 2012 è in vigore. Il contribuente che intende presentare ricorso alla Commissione tributaria provinciale deve, preliminarmente, anticiparne il contenuto a mezzo di Reclamo-Ricorso, chiedendone l’annullamento totale o parziale, sulla base dei motivi di fatto e di diritto che intende sottoporre alla valutazione del giudice tributario. E’ facoltà del contribuente inserire nell’istanza anche una proposta di mediazione.

Mentre, però, per le Agenzie delle entrate, delle Dogane, e dei Monopoli di cui al D.Lgs. n. 300/1999, devono provvedere all’esame del reclamo e della proposta di mediazione mediante apposite strutture, diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili, per i Comuni (e gli altri Enti impositori) tale previsione si applica compatibilmente con la propria struttura organizzativa (ipotesi delineata dalla riforma dell’articolo 17-bis, del D.Lgs. 546/1992, comma 4).

La tanto criticata finzione che a gestire la mediazione sia un organo terzo, con i Comuni può anche non sussistere. A norma del vigente comma 5 dell’art. 17-bis, ante riforma del contenzioso, il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate che ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso queste strutture differenti ed indipendenti da quelle che hanno curato gli atti contestati dal contribuente.

La gestione della mediazione per gli atti dell’Agenzia delle entrate non è, quindi, affidata ad un terzo neutrale, ma alla stessa Amministrazione che ha emesso l’atto, sia pure attraverso un’area organizzativa distinta. Di certo, trattandosi di una nuova funzione che i comuni saranno chiamati a svolgere, si rende necessaria una riorganizzazione e riqualificazione del personale.

Potrebbe addirittura capitare che lo stesso ufficio che emette l’atto sia anche lo stesso che poi dovrà valutare la proposta di mediazione (si pensi ad esempio ai piccoli Comuni). Quando il Governo, in sede di attuazione della delega fiscale, prevede che i Comuni gestiscono la mediazione compatibilmente con la propria struttura organizzativa, lascia la possibilità agli enti locali che d’istruire e valutare il reclamo e la proposta di mediazione tramite lo stesso ufficio (o, addirittura, lo stesso soggetto) che ha emesso l’atto.

A determinare quale struttura deve gestire la fase di esame di reclamo e di mediazione è il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. Il riferimento alla struttura organizzativa, sembra orientare i Comuni ad individuare la struttura che deve gestire la fase di esame del reclamo e di mediazione tramite il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, più che attraverso il regolamento dei singoli tributi o quello di contabilità.

Qualora a gestire la fase di mediazione sia la stessa struttura (o lo stesso soggetto) che ha effettuato l’accertamento, allora più che di mediazione, si potrebbe parlare di un obbligo di riesame del proprio provvedimento. L’assenza di una struttura diversa e autonoma da quella che cura l’istruttoria degli atti reclamabili, avvicina moltissimo il reclamo ad un’istanza di autotutela.

Chi emette l’avviso di accertamento può essere posto a valutare il reclamo e decidere in merito al suo accoglimento totale o parziale. Quello che differenzia la mediazione dal riesame in autotutela è, quindi, la procedura da seguire (tempi di presentazione del reclamo, termini per la risposta, conseguenze del mancato accordo, reclamo che diventa automaticamente ricorso, etc.). Si apre per i Comuni una nuova fase operativa, che seppur improntata ad una presunta deflazione del contenzioso, potrebbe portare problemi diversi ed oneri aggiuntivi di non poco conto.

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