giovedì,Aprile 18 2024

Rocca Angitola, l’ultimo respiro di una città con tremila anni di storia

L'abbandono definitivo di questo borgo antichissimo è cristallizzato in atti notarili che risalgono alla fine del ‘700 e raccontano la cronaca del giorno più triste che ne decretò la fine

Rocca Angitola, l’ultimo respiro di una città con tremila anni di storia

di Rocco Greco

Proviamo a rivivere gli ultimi attimi di vita di Rocca Angitola, antichissima città oramai definitivamente scomparsa la cui origine, tra storia e leggenda, risalirebbe ad oltre 3mila anni orsono. Diversi autori antichi riportano che è stata edificata sulle rovine dell’antica Crissa, quest’ultima fondata dai Focesi dopo la distruzione di Troia. “Arroccata”, come ci dice il toponimo attribuitogli, su di un’altura che guarda l’attuale lago Angitola, la Rocca disponeva di un territorio abbastanza vasto, considerato che aveva sotto di sé diciotto casali, dai quali traggono le proprie origini Maierato, Capistrano, San Nicola da Crissa, Francavilla Angitola e Filogaso. La Rocca è stata abitata sino alla seconda metà del XVIII secolo, quando gli ultimi residenti l’abbandonarono «a motivo della cattiva aria causata dalle acque stagnanti del fiume Angitola e per paura dei briganti che infestavano la zona».

Facendo ricorso al suggestivo racconto di Domenico Luigi Costa, tratto dalle sue “Memorie Storiche Calabresi – Monografia di Maierato”, ed. Mapograf 1994, il quale si avvalse degli “Atti Notajo Giorgio Pirrone, Testimonianza del 2/2/1772” conservati presso l’Archivio di Stato di Vibo Valentia, andiamo a rivivere gli ultimi attimi di vita di quella fu una delle più antiche e gloriose città del versante tirrenico calabrese. «Quello che si può chiamare – come in effetti fu – l’ultimo atto dell’esistenza di Rocca Angitola, fu compiuto il 2 febbraio 1772. Giorno in cui ricorre la festa della Purificazione della Vergine Maria. In quella mattina invernale in cui fu celebrata l’ultima Messa, verso le ore nove antimeridiane, si erano dati appuntamento a Rocca Angitola, assieme al sacerdote Bruno Malerba fratello del parroco Pasquale in quel giorno ammalato, Il notajo Giorgio Pirrone di Pizzo unitamente ad altri sei persone: tre di Maierato (il sig. Gregorio Asturi nella sua qualità di Regio Giudice ai contratti, mastro Domenico Cefalì e mastro Francesco Teti); e tre di Pizzo (mastro Giuseppe Cefalì, il sig. Giuseppe Tozzi e il Sig. Giovanni Stingi).

Il gruppo – come probabilmente avevano in precedenza accordato – si fece subito un giretto per il Paese, per accertarsi che realmente esso era disabitato; tenendo presente che in quel periodo soltanto quindici persone figuravano residenti alla Rocca. In effetti, riuscirono ad incontrare la signora Rosaria Borello, che appena tre mesi prima vi si era trasferita da Pimè assieme al marito Antonio Valente e a due figliuoli; e che, quella mattina, era occupata a raccogliere – assieme alla figlia – le poche masserizie che aveva, per ritornarsene definitivamente a Pimè. Dove già, nei giorni precedenti, si erano pure trasferiti Giuseppe Riga con la moglie e la madre e Domenico Curigliano con la moglie e la suocera. Nonostante il suono continuo delle campane della Chiesa, e quello del campanello effettuato strada per strada o addirittura casa per casa, nessun parrocchiale si presentò quella mattina ad assistere alla Santa Messa festiva. Sicché, allo scoccare del mezzogiorno, Don Bruno Malerba si accinse a celebrare il Sacro Rito per l’ultima volta, alla presenza delle sole poche persone sopra indicate.

Alla fine, raccolte le poche cose rimaste della dotazione della Chiesa Parrocchiale: due calici di scarso valore, due camici e qualche logora pianeta, chiuse definitivamente la Chiesa di Santa Maria della Cattolica che tanta fama aveva avuto nei tempi passati, per ritornarsene definitivamente a Pizzo, suo paese d’origine. Mentre al Notajo Pirrone ed al Regio Giudice ai Contratti Asturi non restava altro che redigere l’atto di testimonianza “della fine di una Comunità Parrocchiale e di un intero Villaggio”.Da allora, il territorio della Parrocchia di Rocca Angitola fu aggregato a quello della Chiesa di Maierato, dove furono portate anche le due campane collocate nel campanile della Chiesa di San Nicola subito dopo il terremoto del 1783.

Mentre un quattrocentesco grande Crocifisso in legno – noto come il “Padre della Rocca” –  si trova attualmente nella Chiesa Matrice di San Giorgio in Pizzo. Le foto mostrano chiaramente lo stato in cui oggi versa Rocco Angitola e siamo in molti a chiederci perché non valorizzare questo antico sito ricadente in territorio di Maierato. Servirebbe davvero poco per renderlo fruibili ai visitatori: una sistemata al sentiero che congiunge il sito alla strada che la fiancheggia, l’antica via Popilia, e ripulirlo dalle sterpaglie e dalla vegetazione che hanno preso il sopravvento.

 

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