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Gestione beni confiscati, a Limbadi il campo per gruppi dell’associazione Libera

L’obiettivo è quello di dare un sostegno all’associazione “San Benedetto Abate” che cura diversi immobili sequestrati alla criminalità al fine «di rendere tali attività funzionali ad un progresso socio-culturale del territorio di riferimento»

Gestione beni confiscati, a Limbadi il campo per gruppi dell’associazione Libera
La sede dell'università Rossella Casini a Limbadi

Si terrà dal 25 al 30 luglio prossimi il campo per gruppi di Limbadi organizzato dall’associazione Libera. L’obiettivo – riferiscono gli organizzatori – è quello «di dare un sostegno concreto all’associazione “San Benedetto Abate” nella gestione di alcuni beni confiscati nel comune di Limbadi al fine di rendere tali attività funzionali ad un progresso socio-culturale del territorio di riferimento. Il campo si svolge nel centro abitato di Limbadi. In questa realtà, l’associazione “San Benedetto Abate” si è impegnata in una sfida importante prendendosi in carico la gestione di beni confiscati alla cosca Mancuso, una ‘ndrina che da sempre domina questo territorio». 

I partecipanti saranno ospitati presso l’ostello “Tita Buccafusca” sorto su uno dei beni confiscati, mentre le attività si alterneranno tra l’uliveto, in località “Gurnera”, e “Casa 21 Marzo” dove sorge l’Università della Ricerca della Memoria e dell’impegno Rossella Casini – “UniRiMI”. I campi, quindi, si configurano nel triplice  obiettivo di «attivare azioni di animazione del territorio, di conoscenza di una comunità troppo spesso stigmatizzata e che necessita di una giusta contronarrazione frutto di un’esperienza diretta con le realtà sociali esistenti e nell’aiuto e sostegno nelle attività di gestione del bene. Perché partecipare a questa esperienza? Si tratta di un’esperienza importante per il momento storico che vive il territorio vibonese in pieno fermento dal punto di vista dei processi culturali attivi. Il partecipante potrà toccare con mano ciò che di solito i media non raccontano».

Attività previste

La maggior parte delle giornate – comunica sempre Libera – «si divideranno tra l’affiancamento ai soci dell’associazione sui beni confiscati al mattino e attività formative nel pomeriggio, come testimonianze con familiari delle vittime innocenti della ‘ndrangheta, con testimoni di giustizia e figure che si sono contraddistinte nella lotta a difesa del territorio. Ci saranno inoltre, momenti strutturati in sinergia con le associazioni presenti sul territorio volti a far sì che i campisti possano conoscere appieno la realtà territoriale che li circonda e quindi raccontare essi stessi attraverso interviste, momenti di confronto, scatti fotografici o video la realtà con la quale entrano in contatto.  Prevediamo inoltre cineforum, escursioni, attività teatrali, visite guidate in realtà significative del vibonese ed incontri istituzionali. Normalmente la giornata inizia al mattino presto, per evitare le ore più calde, dalle 7 alle 11. Nel pomeriggio le attività formative iniziano alle ore 16.30 fino alle 19».

I beni confiscati e gestiti dall’associazione “San Benedetto Abate”

Villa di circa 700 mq a tre piani con seminterrato, confiscata nel 2005 al clan Mancuso. La ristrutturazione ha visto la realizzazione di 5 aule dotate di computer, due sale informatiche e due uffici. Nella struttura l’associazione “San Benedetto” ha realizzato l’Università della Ricerca della Memoria e dell’Impegno dedicata a Rossella Casini, per la realizzazione di corsi di formazione, seminari e convegni. Una palazzina di 4 piani di complessivi 645 mq, confiscato al clan Mancuso nel 2001, in origine allo stato rustico ad esclusione del piano terra, poi ristrutturata per la realizzazione di un ostello a tre piani con camere da letto dotate di bagno e doccia, e spazi comuni. Un edificio ad un solo piano di circa 200 mq. Terreno di circa 4 ettari piantumato nella maggior parte ad uliveto con capannoni e casa del fattore. «L’Università della Ricerca della Memoria e dell’Impegno “Rossella Casini” – fa sapere infine Libera –  nasce dall’esigenza di creare un luogo formativo per offrire l’opportunità di approfondire il fenomeno delle mafie ed in particolare della ‘ndrangheta, sotto diversi aspetti: quello storico, antropologico, sociologico, ecclesiologico, oltre che giuridico ed economico».

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