venerdì,Marzo 29 2024

«A Vibo siamo al “liberi tutti”, io resto in isolamento»

Un operatore ospedaliero scrive alla nostra redazione e si dice molto preoccupato per il ritorno degli assembramenti: «Così non va bene. Due mesi fa mai avrei pensato di essere più al sicuro in ospedale che per strada»

«A Vibo siamo al “liberi tutti”, io resto in isolamento»
Corso Vittorio Emanuele a Vibo Valentia

Egregia redazione,
comincerei questa lettera di sfogo (il cui intento non è mera polemica, ma semmai essere di stimolo) utilizzando le stesse parole della sindaca Limardo, allorquando sono stati riaperti i parchi cittadini: “Così non va bene”.

Sabato scorso ho avuto la malsana idea di andare a fare la spesa passando nei pressi del corso cittadino. Tanta gente per strada, a stretto contatto, sui quali evito di chiedermi se fossero davvero tutti congiunti. Ma soprattutto, cosa più grave, nei supermercati entrano tante persone prive di mascherina e che, ancora più grave, non rispettano le distanze di sicurezza. Non posso dimenticare la signora con bambina al seguito che mi stava praticamente attaccata dietro (peraltro senza motivo) nella fila alla cassa. Signora ovviamente priva di mascherina e che parlava a voce alta con la bambina, giusto per facilitare la diffusione dei droplets. [Continua]

Ma non era l’unica. Diverse persone all’interno dei negozi prive di mascherina e che tendono a creare gli ormai noti e arcinoti assembramenti, come se nulla fosse. E poi c’è un’altra classe di clienti e passanti: quelli che la mascherina la portano, ma in tutti i modi sbagliati possibili, fantasiosi e bizzarri possibili. Chi la indossa sotto il naso rendendola inutile, chi sulla fronte a mo’ di cappellino, chi sotto il mento a mo’ di scaldacollo, chi sull’orecchio a mo’ di orecchino… e chi addirittura sul braccio a mo’ di borsello o di fascia da capitano. Il tutto con una totale assenza di controlli.

E non oso pensare cosa sarà successo la mattina alla ripresa del mercato in centro! Per carità, non voglio essere malpensante. Voglio pensare che sia stato semplicemente poco furbo (uscire il sabato pomeriggio non è stata un’idea geniale, ma ne son stato costretto per mancanza di tempo ed energie. Mea culpa!) ed anche sfortunato. Magari se fossi uscito mezz’ora prima, avrei trovato molta meno gente per strada, tutti congiunti, tutti con la mascherina e rispettosi delle distanze di sicurezza.

Però ripeto: “Così non va bene”. L’altra sera Romano Prodi ha dichiarato “La voglia di ripartire c’è, ma nel rispetto delle regole”. E comprendo benissimo questa sacrosanta voglia di ripartire, così come sono dell’idea che lo Stato debba aiutare i commercianti e tutte le figure lavorative vittime di questa crisi da coronavirus. Ma da cittadino responsabile, nonché lavoratore ospedaliero, mi sento di dire senza mezzi termini che dopo ciò che ho visto sabato scorso, penso proprio di continuare l’isolamento e non frequentare ancora per altre settimane locali, negozi e barbieri. Men che meno andare in spiaggia. 

Due mesi fa non avrei mai pensato di sentirmi più sicuro in ospedale che per strada o durante il doveroso rito della spesa. Il Governo Conte ha deciso di aprire tutto rapidamente nel nome della “fiducia ai cittadini”. Sarà, ma la fiducia in genere va guadagnata. Ci meritiamo la fiducia se non riusciamo a rispettare semplicissime regole come indossare la mascherina (peraltro obbligatoria in Calabria), mantenere le distanze di sicurezza ed evitare contatti? Ci meritiamo le mascherine ffp2 e ffp3, se poi dobbiamo tenerle a mo’ di copricapo, di pashmina, di orecchino, di borsello o di fascia da capitano?

Siamo stati bravi – e anche fortunati – fino ad ora. Non compromettiamo tutto adesso. Anche perché a giugno Alitalia riprenderà i voli verso le regioni del Sud, come del resto i treni a lunga percorrenza, con rischio di nuovi contagi provenienti da nord. Vorrebbe dire un nuovo lockdown estivo (cosa che è già divenuta in realtà in Libano, Corea Del Sud, Cina e nuove zone rosse in Germania). Vale davvero la pena rovinare tutto?

Un cittadino responsabile
(Lettera firmata)

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