«Il consultorio di Serra San Bruno più che un luogo pubblico cruciale nel presidiare la libertà e la salute delle persone nei momenti di trasformazione o di difficoltà è divenuto un presidiò invisibile, depotenziato, periferico nella programmazione provinciale». È quanto denuncia la sindaca di Brognaturo, Rossana Tassone, che rilancia con forza l’allarme di un mese fa.

«Il 31 luglio 2025 preoccupata da quanto accadeva e continua ad accadere nel consultorio di Serra San Bruno – continua in una nota – ho sollevato la problematica di una carenza di personale e servizi. Ho condiviso la paura di una lenta erosione del servizio sociosanitario di prossimità e del passo indietro verso quella rete solidale, gratuita, laica, liberamente accessibile a tutte le soggettività. Costruita in difesa, e, per la promozione, prevenzione della salute della donna, dell’età evolutiva, maternità e paternità. Ho ribadito l’importanza dei consultori che cinquant’anni prima sono entrati per la prima volta in un servizio socio-sanitario pubblico, rivolto al territorio, trattando temi sensibili come le relazioni familiari, il ruolo della donna, la contraccezione. Evidenziando una netta discontinuità di servizi e pratiche all’interno del consultorio».

Considerazioni che oggi la portano a rimarcare che «il consultorio non è più quel luogo che accoglie senza giudicare, che protegge senza sostituirsi. È divenuto il luogo della solitudine piuttosto che del diritto».
Da qui l’appello a un rilancio del servizio, che significherebbe «scegliere e credere nel diritto a una salute pubblica per i diritti delle donne, della famiglia, dei bambini».

Poi entra nel dettaglio della sua denuncia: «Più che un volto prossimo che accompagna e accoglie è divenuto spazio di personalismi. Un riconoscimento di ruoli dedito alla prevaricazione piuttosto che a una gestione partecipata, interdisciplinare. Prese di posizioni che incidono sulla qualità del servizio e sulla risposta ai bisogni dell’utente. Spostamenti poco chiari, spazi non sufficienti per il personale, campagne di sensibilizzazioni sulle pareti che raccontano di un servizio vaccinale attivo e di altri servizi che provano a resistere. Bacheche prive di rettifiche su luoghi e orari di visite ginecologiche. Pediatre non presenti nell’organico che oggi avrebbero potuto garantire alle famiglie di Fabrizia e paesi limitrofi (rimaste senza pediatra) cure e visite senza recarsi in altri luoghi».

Poi la chiosa finale: «L’aspetto più triste rimane una programmazione totalmente assente che colpisce molto di più di slogan e titoli in prima pagina che” raccontano di un fare”. Scelte che denotano la scarsa volontà di programmare servizi per un territorio che sconta una mancanza di coesione tra realtà sociale e politica. L’ennesimo diritto tolto a discapito di famiglie che hanno deciso di abitare i nostri territori serenamente e in salute. E, in questa gestione di” potere burocratica”, che ha privato e continua a privare le persone della funzione originale del consultorio, termini come: politiche per la famiglia, crescita demografica sostenibile, parità di genere, effetti sulla saluta pubblica, equità di accesso, rimangono termini sociologi privi di finalità e cambiamenti positivi su una realtà le cui conseguenze ricadono sulle famiglie, giovani e anziani».