Ora il Sant’Anna fa paura, non solo per l’inquinamento: a Bivona spunta un divieto di balneazione per 600 metri ai lati del torrente
I cartelli sono apparsi ai varchi che conducono alla spiaggia. Finora era inibito (sulla carta) solo lo specchio d'acqua a destra della foce, fino alla piazzetta. Adesso è vietato fare il bagno anche a sinistra per altri 300 metri. Ma il decreto citato è di 4 mesi fa
Ora il torrente Sant’Anna fa davvero paura, non solo per le conseguenze sulla salute pubblica, ma anche per i risvolti giudiziari che l’intera vicenda può innescare. Stamattina, in prossimità della foce, lungo i varchi che conducono alla spiaggia di Bivona, sono apparsi numerosi cartelli del Comune che impongono il divieto di balneazione per 300 metri su entrambi i lati della foce. Un fatto normale in un paese “normale” dove si riscontrano pericoli per l’incolumità pubblica. Ma ci sono parecchie cose che non tornano. Innanzitutto i cartelli (che altro non sono se non fogli A4 infilati in una busta di plastica trasparente) citano il decreto dirigenziale 5770 del 26 aprile 2024, emanato dal Dipartimento regionale per ambiente che individua le acque di balneazione della Regione Calabria per la stagione 2024. In questo atto viene confermato il divieto permanente di balneazione ma solo per 300 metri a nord del Torrente Sant’Anna. Negli avvisi del Comune, invece, si estende il divieto anche sul lato sud, a sinistra del torrente, per altri 300 metri.
Perché i cartelli spuntino solo adesso è intuibile ma non giustificabile. Intuibile perché il disastro ambientale perpetrato quotidianamente dal torrente Sant’Anna, che ieri continuava a sversare liquami fognari nel mare di Bivona, è uno scandalo al sole che sta scuotendo il Comune e la città. Ieri anche il sindaco Enzo Romeo ha perso la pazienza e ha emesso un’ordinanza contingibile e urgente che, in pratica, precetta il Corap (ente strumentale della Regione) e lo obbliga a ricevere nell’impianto di Poro Salvo i reflui fognari in eccesso provenienti dal depuratore Silica senza alcun limite temporale e di quantità, a differenza di quanto prevedeva un precedente accordo siglato in Prefettura che imponeva paletti molto più stretti.
Non giustificabile perché viene spontaneo chiedersi in quale mare compromesso dall’inquinamento sia stato “consentito” in questi quattro mesi fare il bagno.
In verità, il divieto di balneazione persiste sull’area dal lontano 2014, come riporta il Portale della Acque del ministero della Salute. Qui viene citata un’ordinanza sindacale temporanea, risalente al 13 giugno 2014 ma segnata come ancora “in corso”, che vieta la balneazione per 300 metri in direzione nord, distanza che include anche il mare dinanzi la piazzetta di Bivona. Sul portale del ministero, dunque, non c’è traccia della “nuova” inibizione (foto sotto). Stavolta, infatti, il divieto si estende anche a sud, dove inoltre opera un lido balneare. Comunque, in altre parole, l’estate, per circa 600 metri di litorale vibonese, dovrebbe essere bella che finita. Game over, con buona pace di chi in quel mare continua e continuerà a farsi il bagno. Intanto, però, gli enti coinvolti sono “coperti” e se qualcuno dovesse chiedere conto, possono sempre tirare fuori dal cassetto le ordinanze e le determine per dimostrare che le regole sono state rispettate.
Intanto, questa mattina, operatori dell’Arpacal – l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente –si sono ripresentati alla foce del Sant’Anna per fare nuovi prelievi da analizzare. Un’attività inconsueta a Ferragosto, segno che l’allarme è alto e il finale di questa brutta storia è ancora lontano dall’essere scritto.