giovedì,Aprile 18 2024

Cinghiali, è la “carica dei 300mila”. Coldiretti: «Contrasto fermato dal Covid»

L’associazione denuncia una proliferazione incontrollata degli ungulati nell’area centrale della Calabria anche a causa dello stop alla caccia e della libera circolazione degli animali

Cinghiali, è la “carica dei 300mila”. Coldiretti: «Contrasto fermato dal Covid»

«La natura ha riconquistato i suoi spazi e le restrizioni legate all’emergenza coronavirus hanno portato diversi animali a “passeggiare” indisturbati per le strade delle città. Un fenomeno straordinario dal punto di vista ambientale e faunistico, ma che in Calabria si è trasformato in un vero e proprio dramma sociale. La regione è, infatti, invasa da oltre 300mila cinghiali che, in piena solitudine e alla ricerca di cibo, stanno scorrazzando non solo tra i campi coltivati ma anche nelle zone abitate».

È quanto riferisce Fabio Borrello, presidente provinciale di Coldiretti Catanzaro, richiamando ancora una volta l’attenzione sulla presenza invasiva di ungulati che costituisce serio problema per le coltivazioni agricole. «L’area centrale della Calabria – si spiega -, con le province di Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone è proprio una delle più colpite da questo fenomeno. La presenza incontrollata crea rilevanti danni alle coltivazioni – prosegue Coldiretti – e causa di problemi sanitari, compreso sulle strade dove sono motivo di incidenti. La situazione è sfuggita di mano, le piantagioni vengono devastate e per un imprenditore agricolo tutto questo rappresenta un colpo irrecuperabile in una economia già segnata dalle restrizioni in atto. Per il Covid tutto si è fermato e non ci sono risultati positivi nel contrasto a questo fenomeno, considerato anche che il cinghiale non ha un vero e proprio antagonista in natura».

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Le proposte della Coldiretti sono quelle di «modifica delle norme regionali che risalgono a 22 anni fa e che erano state pensate per la tutela e protezione della fauna selvatica, al fine della ricostituzione del patrimonio faunistico e che oggi evidentemente si sono dimostrate non più idonee. Abbiamo chiesto di allungare il calendario venatorio – afferma all’Agi Borrello – autorizzando anche gli imprenditori agricoli muniti di permesso di caccia a sparare all’animale selvatico che invade le coltivazioni».

«Il Covid19 ha assestato il colpo definitivo alla riproduzione incontrollata, con danni incalcolabili all’economia agricola e alla sicurezza stradale. Nell’ultimo anno – evidenzia Borrello – sono stati autorizzati 3.500 abbattimenti nel periodo di caccia aperto da settembre a dicembre. Quindi circa l’uno per cento dei capi presenti. Per questo sono stati autorizzati i selezionatori, cacciatori incaricati di abbattere cinghiali anche fuori dalla stagione di caccia. Nel pieno della loro attività, però, è intervenuta l’emergenza Covid-19 e le restrizioni hanno bloccato questo tipo di attività. Il risultato drammatico è che i cinghiali si riproducono rapidamente e la situazione è completamente fuori controllo».

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