Rinascita Scott: la Cassazione conferma il quadro cautelare per il dentista Agostino Redi
La Suprema Corte ritiene inammissibile il ricorso e nelle motivazioni spiega la vicinanza a Luigi Mancuso ed i motivi per i quali deve restare detenuto
Confermata anche dalla Cassazione (sesta sezione penale) l’ordinanza di custodia in carcere nei confronti del dentista Agostino Redi, 59 anni, di Limbadi, coinvolto nell’operazione Rinascita Scott ed attualmente sotto processo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Il ricorso di Agostino Redi avverso la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro è stato dichiarato inammissibile e nelle motivazioni della Suprema Corte viene ribadito che «Agostino Redi, sulla base del già cristallizzato quadro cautelare, è stato ritenuto componente del sodalizio criminale in contestazione in ragione della costante e fattiva attività di supporto organizzativo garantita a Luigi Mancuso», ritenuto il capo del “locale” di ‘ndrangheta di Limbadi. Viene poi sottolineata l’attività prestata per un lungo periodo da Agostino Redi e, in particolare, in quello compreso «tra il 26 giugno 2014 ed il 12 agosto del 2017, in cui Luigi Mancuso si era sottratto volontariamente agli obblighi della sorveglianza speciale, rendendosi irreperibile». A conferma di tali conclusioni vengono quindi richiamate: le «costanti frequentazioni del ricorrente con Mancuso prima di tale irreperibilità; la presenza di Agostino Redi in tre diversi incontri che, per la partecipazione di diversi sodali, per le relative connotazioni logistiche nonché per i contenuti dei discorsi in siffatte occasioni tenuti (soprattutto in relazione a quello del 19 giugno 2016) costituivano momenti di espressione dell’azione associativa; un’intercettazione inerente un colloquio che coinvolgeva altro sodale (Pasquale Gallone, intercettato mentre esprimeva la sua preoccupazione per il coinvolgimento del ricorrente negli sviluppi dell’attività di indagine involgente il gruppo di riferimento); le dichiarazioni del collaboratore Emanuele Mancuso che confermava la disponibilità mostrata dal ricorrente Redi rispetto alla consorteria, rimarcando in particolare che Redi aveva concesso in uso una sua abitazione al Mancuso durante la sua irreperibilità. [Continua in basso]
Da qui l’inammissibilità del ricorso, atteso che, ad avviso della Cassazione, «la partecipazione associativa non presuppone necessariamente il compimento di specifici atti esecutivi della condotta illecita programmata, potendosi ritenere sufficiente la dichiarata adesione al sodalizio, con la c.d. “messa a disposizione”, di per sé idonea a rafforzare il proposito criminoso degli altri associati e ad accrescere le potenzialità operative e la capacità di intimidazione e di infiltrazione del sodalizio nel tessuto sociale. In questa cornice ha finito per assumere rilievo decisivo il sostegno assicurato dal ricorrente al capoclan Luigi Mancuso, nella piena consapevolezza dello spessore criminale di quest’ultimo, sostegno ritenuto funzionale ad assicurare l’operatività dell’associazione a delinquere sul territorio vibonese».
Agostino Redi è invece accusato del reato di associazione mafiosa ed in particolare di aver sfruttato la sua veste di professionista (medico dentista), estraneo (apparentemente) ai circuiti più rinomati della criminalità organizzata, per aiutare Luigi Mancuso a muoversi sul territorio, accompagnandolo personalmente, quando necessario, con la propria autovettura, così da garantirgli un sostanziale anonimato, rendendo più complesse e difficoltose le indagini della polizia giudiziaria. Agostino Redi avrebbe altresì veicolato messaggi ed imbasciate nei confronti degli accoliti e della consorteria (in generale) e di Luigi Mancuso (nello specifico).
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