Continuano a far discutere le riforme allo statuto della Fondazione di Natuzza richieste dal vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo. All’indomani dell’intervento alla Festa della Mamma di Paravati, il presidente della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” Pasquale Anastasi aveva spiegato che le sue parole facevano esclusivo riferimento al testamento spirituale di Natuzza Evolo, aggiungendo che il testamento della serva di Dio poteva essere tolto dall’articolo 2, “ma doveva essere inserito nella premessa storica che fa parte integrante del documento”. A spiegare oggi perché quanto richiesto da Pasquale Anastasi non può trovare accoglimento, è lo stesso monsignor Luigi Renzo, secondo il quale le considerazioni dello stesso Anastasi sono “da tempo a conoscenza della Fondazione, così come il fatto che la sua proposta di modifica era già stata accettata dalla Commissione paritetica che ha lavorato fino a novembre scorso”. Nel suo intervento, il vescovo ripercorre così le varie fasi della vicenda, ricordando in primis i pareri negativi espressi, “su sua richiesta di delucidazioni”, dall’ufficio giuridico della Conferenza episcopale italiana nell’ottobre 2015 e, “in maniera ancora più esplicita”, dalla segreteria dello Stato Vaticano nel gennaio del 2017. Il primo istituto aveva sottolineato “l’incongruenza giuridica” della presenza del testamento spirituale in uno Statuto. Il secondo, dopo aver suggerito di “asciugare” il testo che comunque “è un documento giuridico e deve essere quindi caratterizzato da un certo rigore e da uno stile proprio”, aveva poi chiesto di tener conto del fatto “che si tratta di uno Statuto, nel quale si devono rappresentare e normare solo gli elementi strutturali e permanenti dell’ente”.
Monsignor Renzo sottolinea poi che il testamento dall’articolo 2 alla premessa storica “ha solo lo scopo di rilevare la continuità tra il nuovo ente ed il precedente” e non cambierebbe la sostanza. “Che scopo avrebbe quindi spostarlo – si chiede il vescovo – quando sottoscrivendolo – si accetterebbe comunque come elemento obbligante anche per la Diocesi. Questo è fuori da ogni logica giuridica e teologica. Il pastore garante dell’unità e della comunione nella Chiesa è il vescovo e questo non può legarsi le mani con uno statuto, tra l’altro di un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, come è attualmente la Fondazione”.