Inizia nel 2009 la vicenda che vede indagati per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso don Graziano Maccarone, 41 anni, segretario particolare del vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, e don Nicola De Luca, 40 anni, di Rombiolo, reggente della chiesa “Madonna del Rosario” di Tropea ed anche rettore del Santuario di Santa Maria dell’Isola. Un’inchiesta iniziata dal pm della Dda di Catanzaro, Simona Rossi, e conclusa ora dal pm Annamaria Frustaci che ha chiesto al gup distrettuale di rinviare a giudizio i due sacerdoti. Le indagini sul “campo” sono state invece avviate e svolte dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia guidata all’epoca da Antonio Turi che oggi è alla guida della Dia di Catanzaro. [Continua dopo la pubblicità]
Tutto ha inizio nel marzo del 2009 quando R.M., in ragione della sua attività imprenditoriale di gestione di un ristorante a Parghelia, intestato alla figlia, aveva contratto un debito di 19mila euro con il titolare di una ditta per la fornitura di attrezzature da cucina. R.M. aveva così consegnato a quest’ultimo 13.500 euro con quattro assegni, tratti dal conto corrente della figlia aperto in una banca con sede a Tropea, riservandosi di versare gradualmente in contanti la restante somma.
Preoccupato dall’allusione al personaggio di spessore criminale che aspettava all’esterno, R.M. avrebbe offerto all’uomo che era andato a trovarlo nel suo ristorante la somma di tremila euro (poi non consegnata) per intercedere con il titolare della ditta di attrezzature da cucina. Il 25 dicembre del 2009, quindi, ottenuto un finanziamento regionale di 18.750,00 euro, R.M. corrispondeva in contanti al suo creditore la somma di 4.500 euro con l’intesa di saldare gradualmente la restante somma. Il 20 dicembre del 2010, però, un ufficiale giudiziario – accompagnato dal creditore – si era recato nel suo locale e aveva eseguito il pignoramento dei beni mobili per un importo di 16mila euro. Successivamente gli era stato notificato un provvedimento del Tribunale di Vibo con il quale i beni pignorati erano stati affidati in custodia al creditore il quale gli dava tempo sino al 3 agosto 2012 per versare una somma di denaro “congrua” a dimostrare la sua volontà di onorare il debito. R.M. consegnava così al creditore l’1 agosto del 2012 la somma di 2.050,00 euro, di cui 550 euro in contanti e 1.500 con un assegno, precisando alla Squadra Mobile che il creditore gli aveva detto che si sarebbero rivisti verso metà settembre del 2012, giustificando tale termine con la chiusura degli uffici giudiziari.
Stante però l’urgenza del prestito, il prete della Caritas di Mileto l’aveva indirizzato verso don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo, il quale dopo aver chiamato il titolare della ditta di attrezzature da cucina gli assicurava che quest’ultimo non sarebbe più andato avanti nella sua richiesta in quanto avrebbe provveduto lui stesso a consegnargli quattromila euro nel giro di pochi giorni, e a seguire, altri 2.700 euro. Di tale somma, R.M. avrebbe dovuto restituire solo tremila euro a saldo del prestito, con l’ulteriore agevolazione che, se non avesse avuto la disponibilità del denaro, si sarebbe potuto svincolare. “Stupefatto dalla magnanimità – evidenziano gli investigatori – R.M. aveva accettato la proposta di don Graziano Maccarone pur non avendo avuto un’impressione positiva poiché aveva notato che il prelato era particolarmente interessato alla moglie ed alle figlie”. Quindi il 12 dicembre 2012 R.M. riceveva sulla sua utenza cellulare un sms da don Graziano Maccarone con cui si diceva testualmente: “Per venirle incontro stabilisco il suo debito pari alla somma di 5.000 euro. Mi dia questa somma appena ci vedremo e chiudiamo il discorso. La saluto”.
Parlando della vicenda in famiglia, R.M. avrebbe appurato che don Graziano Maccarone già da tempo inviava alla figlia trentenne disabile dei messaggi a sfondo sessuale (di cui R.M. aveva messo a conoscenza con una telefonata anche don Nicola De Luca), nonché lo stesso prelato si sarebbe fatto mandare degli indumenti intimi dalla ragazza tramite conoscenti e l’aveva invitata ad incontrarsi in futuro in un hotel di Pizzo Calabro (incontro poi non avvenuto). Saputo ciò, R.M. aveva chiesto alla figlia di chiarire quanto accaduto evitando un incontro di persona, chiarimento che avveniva il 6 febbraio 2013 con una telefonata a don Graziano Maccarone. Nelle settimane successive, però, R.M. – secondo la ricostruzione della Squadra Mobile di Vibo e della Dda di Catanzaro – ha contezza che l’aiuto economico offertogli dai due sacerdoti (don Nicola De Luca e don Graziano Maccarone) non proveniva dalla Chiesa ma da “cugini di Nicotera di Maccarone”, a loro volta vicini a personaggi di spicco del clan Mancuso indicati come parenti dello stesso Maccarone.
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