venerdì,Marzo 29 2024

Caso Colloca, i familiari chiedono giustizia – VIDEO

Il 26 settembre del 2010 venne ritrovato, nelle campagne di Maierato, il cadavere carbonizzato di Nicola Colloca. A sei anni da quella notte, sulla sorte dell’infermiere 49enne, sembra essere calato il silenzio. L’appello del padre

Caso Colloca, i familiari chiedono giustizia – VIDEO

Sei anni senza giustizia e un dolore rimasto intatto. Sono stremati, ma continuano a chiedere che venga fatta piena luce sulla morte del loro congiunto i familiari di Nicola Colloca. L’infermiere venne trovato carbonizzato all’interno dell’auto di proprietà della moglie, la notte del 26 settembre del 2010, in un’impervia zona di campagna tra Pizzo e Maierato. Una tragica morte, considerata, per quattro anni, l’epilogo di una volontà suicida.

Una tesi che i familiari di Nicola, che lavorava con profitto al pronto soccorso dell’ospedale Jazzolino di Vibo, non hanno mai accettato, e che due anni fa è stata definitivamente smentita da una perizia medico-legale. In seguito alla riesumazione del cadavere del 49enne, tumulato nel cimitero della frazione di Vena superiore, è stato accertata la presenza di una profonda ferita al cranio, causata da un corpo contundente. Pochi giorni dopo la nuova perizia, la moglie di Nicola Colloca viene iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio.

Sembra giunta la svolta tanto attesa nelle indagini, invece, da quel momento iniziano i rimpalli. Il pm della procura di Vibo Valentia titolare del fascicolo, Michele Sirgiovanni, rimanda a data da destinarsi l’incontro con i parenti che chiedono udienza. I carabinieri della stazione di Pizzo, che indagano sul caso, stringono le spalle e prendono tempo.

Ormai da mesi, la famiglia di Nicola Colloca, già provata dal dolore della perdita, è costretta a scontrarsi con la riluttanza degli inquirenti e a doversi accontentare di qualche tiepida rassicurazione. Una condotta inaccettabile e incomprensibile, per i genitori e la sorella di Nicola, decisi ad andare avanti fino al raggiungimento della verità.

«Noi non ce la facciamo più – dichiara Antonio, padre della vittima – non veniamo calcolati né considerati da chi dovrebbe darci delle risposte. Ma noi non ci fermeremo. Vogliamo verità e giustizia».

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