E’ una relazione per alcuni versi “shock” quella che il prefetto di Vibo Valentia, Carmelo Casabona, ha inviato al Ministero dell’Interno per chiedere – e il 25 novembre scorso ottenere – lo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi del Comune di Nicotera. Una relazione che delinea un “profilo” di alcuni componenti della giunta comunale – sindaco e vicesindaco in testa –, ed anche di alcuni componenti del Consiglio comunale, estremamente grave e preoccupante, finendo per mettere a nudo più che mai tutte le responsabilità di una classe politica, e di parte della c.d. “società civile”, incapace di selezionare una classe dirigente immune da pericoli di condizionamenti mafiosi.
Più serie, invece, altre contestazioni mosse al sindaco Franco Pagano come la nomina, in data 3 giugno 2013, di alcuni soggetti con precedenti penali – per reati legati agli stupefacenti e ritenuti vicini ai clan – nel Consiglio di amministrazione dell’ente morale “Opera Pia Giuseppina Scardamaglia Longo”. Ancor più serie le scelte di alcuni assessori effettuate dal sindaco.
Il vicesindaco. Sul conto di Francesco Mollese (cl. ’53) vengono riportati precedenti di polizia e penali di un certo peso sin dagli anni ’70: porto abusivo di armi, associazione a delinquere, una diffida di pubblica sicurezza del questore di Catanzaro risalente al 1983, la sottoposizione alla libertà vigilata per un anno (con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) dal giugno 1984 all’ottobre 1985 e una condanna “divenuta irrevocabile – si legge negli atti – nel 1982 per concorso in estorsione” per la quale Mollese il 20 aprile 1983 è stato “tratto in arresto dai carabinieri di Nicotera per espiare la pena residua di 3 anni e 6 mesi di reclusione”.
Sul conto dell’assessore e vicesindaco Francesco Mollese risultano inoltre controlli del territorio da parte delle forze dell’ordine con soggetti gravati da precedenti penali e di polizia per associazione mafiosa, delitti contro la persona ed il patrimonio, avvisati orali di pubblica sicurezza, sorvegliati speciali e nipoti dei Mancuso.
L’assessore Polito. Sul conto di Federico Antonio Polito (cl. ’87) risulta invece agli atti un deferimento in stato di libertà nel 2015 per furto, invasione di terreni, turbativa violenta di cose immobili e danneggiamento in concorso con il sindaco ed il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale. Altro deferimento, riportato nella relazione del prefetto, risale poi al 4 aprile 2016 per i reati di percosse e minaccia. Anche nel caso dell’assessore Polito vengono infine riportate diverse frequentazioni con persone gravate da precedenti penali e di polizia, fra cui uno dei figli del boss Diego Mancuso, alias “Mazzola”, il figlio del boss Cosmo Michele Mancuso ed una nipote di Giovanni Mancuso.
Consiglieri comunali. Sul conto del consigliere comunale Pinuccia Stilo (cl.’78) la relazione del prefetto inviata al Ministero dell’Interno riporta una frequentazione risalente al 1998 in una masseria di un componente della famiglia Mancuso ed al tempo stesso sottolinea altri rapporti di frequentazione con esponenti della famiglia Mancuso anche da parte di suoi due stretti congiunti.
Sul vicepresidente del Consiglio comunale, Salvatore Cavallaro (cl. ’84), la relazione del prefetto Casabona segnala invece un deferimento nel 2002 per deturpamento e molestia alle persone ed un altro nel 2015 per minaccia ed ingiuria a seguito di querela (ma non vengono riportati i successivi sviluppi giudiziari) e quindi alcune frequentazioni con soggetti gravati da precedenti penali e di polizia.
Per il consigliere comunale Giuseppe Di Masi (cl. ’64) la relazione del prefetto riporta infine una condanna da parte del Tribunale di Vibo a 6 mesi, una denuncia nel 2006 per percosse e la partecipazione ai funerali di Cosma Congiusti (cl. ’57), pluripregiudicato, ucciso l’8 novembre 2010 “in un agguato dalle modalità mafiose mediante l’esplosione di colpi d’arma da fuoco”.