giovedì,Aprile 18 2024

‘Ndrangheta: processo “Black money” al clan Mancuso, continuano le arringhe dei difensori

Dopo le discussioni degli avvocati Alvaro e Rotundo si riprende lunedì con i legali Sabatino e Calabrese per il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”

‘Ndrangheta: processo “Black money” al clan Mancuso, continuano le arringhe dei difensori

Riprenderà lunedì dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Vincenza Papagno (a latere i giudici Pia Sordetti e Giovanna Taricco), il “Black money” contro il clan Mancuso. Sarà la volta, lunedì, delle arringhe difensive degli avvocati Francesco Sabatino e Francesco Calabrese per l’imputato Pantaleone Mancuso (cl. ’61), alias “Scarpuni”, accusato di aver ricoperto un ruolo di vertice all’interno dell’omonima consorteria mafiosa e e nei cui confronti il pm della Dda di Catanzaro, Marisa Manzini, ha chiesto la condanna a 26 anni e 6 mesi di reclusione. Ieri, invece, si è conclusa l’arringa difensiva dell’avvocato Andrea Alvaro, del Foro di Palmi, che assiste l’imputato Filippo Mondella, 44 anni, di Francica (3 anni di carcere la richiesta di pena del pm), accusato del reato di intestazione fittizia di beni – la società Caemo srl – aggravata dalle finalità mafiose. In particolare, la Dda di Catanzaro contesta a Filippo Mondella ed al suo socio, Nicola Castagna, di avere consentito a Giuseppe Mancuso (altro imputato del processo, figlio del defunto boss Pantaleone Mancuso, detto “Vetrinetta”) di rimanere socio occulto della Caemo srl, al fine di evitare il rischio di subire una misura di prevenzione.

L’avvocato Andrea Alvaro, nel corso della sua arringa difensiva, ha cercato di smontare la tesi accusatoria con argomentazioni finalizzate a dimostrare la mancata ingerenza nella società da parte di Giuseppe Mancuso e quindi la regolarità della titolarità formale e reale della società Caemo srl. Il legale ha così concluso per l’insussistenza della contestazione e del fatto, chiedendo quindi l’assoluzione con formula ampia per il proprio assistito.

Prima dell’avvocato Alvaro aveva invece discusso l’avvocato Sergio Rotundo, difensore di Antonio Mancuso (cl. ’38), uno dei principali imputati. Un’arringa difensiva, la sua, finalizzata a rimarcare al Collegio l’impossibilità di alcune contestazioni rivolte al proprio assistito sulla scorta di dichiarazioni accusatorie provenienti dai testimoni di giustizia Eugenio Polito di Vena di Jonadi, Giuseppe Grasso e Francesca Franzè di Briatico. Quanto al primo, l’avvocato ha portato a conoscenza del Tribunale la circostanza in base alla quale viene documentata l’impossibilità di qualunque promessa di “regalo” di una villetta ad Antonio Mancuso da parte di Eugenio William Polito, atteso che il terreno sul quale dovevano sorgere tali costruzioni non apparteneva al futuro testimone di giustizia, bensì al padre di quest’ultimo. L’avvocato Sergio Rotundo ha definito poi come del tutto ingiustificata la richiesta di condanna a 27 anni di reclusione per il proprio assistito, Antonio Mancuso, a fronte del “materiale” probatorio portato in aula dalla pubblica accusa. Il legale, in particolare, ha rimarcato che nonostante i coniugi Grasso si siano rivolti nel 2005 ad Antonio Mancuso per essere protetti dalle richieste minatorie di alcuni soggetti che avevano prestato dei denaro ai Grasso-Franzè, la situazione non sarebbe affatto migliorata a detta degli stessi testimoni di giustizia. Gli usurai dei coniugi Grasso e Franzè, in sostanza (molti dei quali già assolti dal gip del tribunale di Vibo, al termine di un processo con rito abbreviato), avrebbero continuato a richiedere il saldo dei debiti ai due futuri testimoni di giustizia, nonostante la loro richiesta di “aiuto” ad Antonio Mancuso.

Tale circostanza, ad avviso dell’avvocato Rotundo, starebbe a dimostrare la perdita di influenza all’interno del clan da parte di Antonio Mancuso (in foto a sinistra) dopo l’arresto e la condanna nell’operazione “Dinasty” del 2003 e quindi l’insussistenza della nuova contestazione mossa nel processo “Black money” di aver continuato a ricoprire un ruolo di vertice all’interno del clan di Limbadi e Nicotera. (g.b.)

Pantaleone Mancuso
Pantaleone Mancuso

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