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Resta rigettata l’istanza di liberazione anticipata presentata da Andrea Mantella, 53 anni, di Vibo Valentia, collaboratore di giustizia dal 2016 e già killer ed esponente di spicco del clan Lo Bianco-Barba e poi a capo di un autonomo gruppo scissionista. E’ quanto deciso dalla Cassazione che ha così confermato l’ordinanza resa il 14 febbraio scorso dal Tribunale di Sorveglianza di Roma in ordine al rigetto del reclamo, proposto dal collaboratore di giustizia Andrea Mantella, avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Roma che ha respinto l’istanza di liberazione anticipata, in riferimento al periodo 6 novembre 2016 – 6 maggio 2023.
La difesa di Andrea Mantella – tra i principali testi dell’accusa nel maxiprocesso nato dall’operazione Rinascita Scott – ha evidenziato nel ricorso che la richiesta di liberazione anticipata fa riferimento ad un periodo, trascorso agli arresti domiciliari in località protetta e che l’istanza originaria è stata rigettata dal Magistrato di sorveglianza facendo riferimento al contenuto delle note istruttorie inviate dal Servizio centrale di protezione. Da queste, secondo il provvedimento, emerge che, nel periodo di presofferto oggetto di richiesta di liberazione anticipata, il condannato Andrea Mantella “ha mantenuto comportamenti che dimostrano mancanza di adesione all’opera rieducativa, per violazione delle prescrizioni e per la messa in atto di comportamenti oppositivi, ostativi e talvolta irriguardosi, condotte reputate indicative dell’assenza di partecipazione all’opera rieducativa”.
La decisione della Cassazione

La Suprema Corte premette che, al pari degli altri benefici penitenziari, la concessione della liberazione anticipata “è soggetta all’apprezzamento discrezionale del giudice di sorveglianza ed è subordinata alla prova che il detenuto abbia tenuto regolare condotta e partecipato all’opera di rieducazione”. Nel caso di Andrea Mantella, la Cassazione ricorda che il Tribunale di Sorveglianza ha motivato il rigetto del reclamo valutando la condotta del collaboratore e “valorizzando la denuncia per calunnia nel 2019, nonché le condotte contestate come evasione, nel 2020 e nel 2021. Si segnalano, inoltre, comportamenti sistematicamente arroganti, oppositivi e violativi delle prescrizioni, mantenuti dal detenuto con gli agenti della scorta (incontri non autorizzati con la moglie, cambiamenti dell’albergo indicato dal Servizio Centrale)”.
Sulla dedotta lesione del principio di presunzione di innocenza invocata dalla difesa di Andrea Mantella, la Cassazione osserva che “nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, a condizione che il giudice ne valuti la pertinenza rispetto al trattamento rieducativo, in quanto espressione di un atteggiamento incompatibile con l’adesione allo stesso da parte del detenuto. Incidenza, nel caso di Andrea Mantella, adeguatamente vagliata dai giudici di merito”.
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